Vocedavecchia

«È difficile fidarsi degli altri perché sembra che loro non facciano tutta questa fatica a interpretare un ruolo e ciò mi turba. Non direi neanche che stanno recitando, è come se per loro la vita fosse naturale e per me una forzatura. Ogni volta che parlo con qualcuno mi cambia la voce, mi sudano le mani e mi accorgo che il mio travestimento da umano è di pessima qualità.» Un tuffo nell’infanzia, nei caldi pomeriggi estivi in vacanza da scuola trascorsi a casa della nonna disegnando, guardando i cartoni in televisione e facendo merenda. Impossibile non rivivere i propri ricordi leggendo quelli di Marina. Elisa Victoria scrive in maniera perfetta i pensieri della protagonista di 9 anni e i dialoghi tra bambini, che hanno dei meccanismi e dei significati tutti loro. “Vocedavecchia” è quasi una sorta di pass che permette di essere riammessi a quel mondo lì, dove i mesi hanno un colore, certe parole sono proibite, e gli adulti sono incomprensibili. Quest’ultimo punto, forse, continua ad essere valido per tutta la vita. E poi c’è molto altro. C’è quell’infanzia che non è completamente innocente, quella scoperta sincera di se stessi e degli altri; c’è la malattia di una madre, quell’essere consapevoli che c’è qualcosa che non va, ma non capire esattamente cosa, perché gli adulti non ti dicono tutto e parlano tra loro sottovoce. E poi ci sono le donne. Nonne, madri, figlie e amiche, le cui relazioni sono il vero fulcro di questo romanzo. Consigliato a tutte le bambine ribelli che si celavano sotto i vestitini a fiori e i fiocchetti rosa nei capelli.

Non mi ha coinvolta e non mi ha lasciato niente.

Bello nella sua semplicità. È difficile non innamorarsi di Marina e della sua dolce tristezza. È una vita piccola e difficile la sua, ma ha trovato il suo modo di sopravvivere... È un personaggio strambo, tenero e adulto. Non do 5 stelle, perché per quanto il libro si legga con estrema semplicità e sia scritto bene... Mi è mancato un po' lo svolgimento di una trama vera e propria. È più un diario di un'estate, che però ci lascia intravedere solo a tratti quella che fu la primavera e che non ci lascia conoscere l'autunno e l'inverno.