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Ci sono libri che non donano luce, la cui cupa narrazione è pregna di negrezza e livore: “i Viceré” di de Roberto rientra tra questi. Chi cerca bellezza, gioia e speranza, chi agogna qualcosa di edificante e ricco di buoni sentimenti è meglio che non si cimenti nella sua lettura. Per comprendere un’opera letteraria bisogna cercare di comprendere le idee dell’autore, il suo retroterra culturale ed il clima politico-sociale in cui è stata scritta. Questo libro è stato pubblicato nel 1894, un anno prima c’era stata la liquidazione della Banca Romana e la nascita della Banca d’Italia; erano scoppiate le manifestazioni dei Fasci Siciliani dei lavoratori, Giolitti si era dimesso e Crispi proclamava lo stato d’assedio mandando l’esercito in Sicilia a sedare i moti. De Roberto (1861-1927) viene spesso definito un “borghese moderato”, simpatizzante dei ceti conservatori, in realtà io penso che sia stato un vero liberale. Il fatto è che (solo) in Italia i liberali vengono considerati dei conservatori, in realtà il liberalismo è una faccia della medaglia rivoluzionaria (l’altra è il socialismo) e pertanto personalmente considero de Roberto un vero e proprio rivoluzionario. Lo si capisce dal suo feroce e costante anticlericalismo, dal suo disprezzo verso l’aristocrazia siciliana e tutto il mondo del vecchio regime borbonico. Mentre ne “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa trapela una sottile nostalgia per quel mondo, qui abbiamo un vero e proprio disgusto per esso. De Roberto, vissuto nei primissimi anni post-unitari, profondamente intriso di ideali liberali e anticlericali, è un rivoluzionario disilluso e pieno di risentimento per il tradimento degli ideali risorgimentali: loschi arrivisti, personaggi riciclati, politici dediti al clientelismo e nobili voltagabbana hanno sepolto, a suo parere, ogni buona intenzione sotto i macigni dell’opportunismo, della corruzione, della brama di potere e ricchezza. Un libro molto attuale che aiuta a capire molto dell’Italia di oggi.
Un capolavoro della letteratura italiana. Concordo con quanto scritto da altri. Sottovalutato inspiegabilmente (pare per la critica che formulò Croce). Per me un'opera d'arte di valore assoluto. E come le vere opere d'arte, è senza tempo. Le riflessioni su nobiltà e politica dopo tanti anni, due guerre mondiali, comunismo, fascismo, una guerra civile, l'Europa, i partiti, i movimenti, la rappresentanza tradita, le sentenze "in nome del popolo italiano", insomma dopo tutto quello che è passato in più di un secolo le sue riflessioni sono tutte attualissime. Purtroppo ... E tuttavia non vorrei spaventare chi leggesse questa recensione: è con tutto ciò un libro godibilissimo ed estremamente divertente. Personaggi come Don Blasco sono immensi, del tutto indimenticabili.
Sicuramente un bel romanzo, geniale il terzo capitolo su come consalvo si faccia eleggere parlamentare (incredibile la biografia della sua vita tutta plagiata che invia agli elettori dicendo che se ce ne sarà uno che ride in altri 100 crescerà l'apprezzamento per lui che mi ricorda la Storia italiana che Berlusconi ci inviò a casa nel 1994). La prima parte è un pò lenta.
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