L' ultima notte dell'Andrea Doria

Nel 1956 l’”Andrea Doria” è uno dei transatlantici più belli al mondo. Sulla rotta fra Genova e New York viaggiano milionari in cerca di una vacanza rilassante e famiglie di emigranti che cercano fortuna in un nuovo continente. Pierette Simpson, otto anni, viene da un paesino del Piemonte e sta x ricongiungersi, accompagnata dai nonni che l’hanno allevata, alla madre emigrata a Detroit, perché era troppo difficile x una donna single crescere una bambina in Italia. I fatti salienti del naufragio dell’”Andrea Doria” sono noti ma Pierette Simpson ha il merito di portare le testimonianze degli emigranti, x i quali il viaggio non era una vacanza né un’avventura, ma una drammatica e dolorosa necessità di abbandonare il paese, la casa, gli amici, per un universo sconosciuto e alieno. Pierette racconta le sue riflessioni di bambina, l’addio alla bisnonna che sa non rivedrà mai più, il pianto dei nonni commossi, i fazzoletti bianchi sventolati per salutare i parenti, il terrore dell’acqua di nonna China. Pierette, invece, si diverte: non ha mai visto cibi così appetitosi, fatto il bagno in piscina, giocato con nuovi amichetti. C’è nebbia sul mare quando, alle 23,11 del 25 luglio, a poche ore dall’arrivo a New York, la nave passeggeri svedese “Stockholm” colpisce la fiancata di dritta dell’”Andrea Doria”. E’ il panico. In “Salvi!” William Hoffer descrive il naufragio in modo avvincente, ma la testimonianza in prima persona di Pierette Simpson è ancora più drammatica e coinvolgente. E’ una storia angosciosa, surreale, a tratti grottesca come solo la realtà può essere. L’autrice loda il coraggio del comandante Piero Calamai, l’ultimo a lasciare la nave condannata, dell’equipaggio e dei soccorritori, ma il punto focale è la testimonianza della piccola gente di paese come lei, delle storie minime a bordo della nave ferita: l’attesa di rivedere i parenti; i ricordi di famiglia custoditi gelosamente; i regali per i bambini; le preghiere. Sono le storie toccanti di ogni tragedia.