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L'ultima estate di Catullo
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L'ultima estate di Catullo - Alessandro Banda - copertina
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ultima estate di Catullo

Descrizione


C'è un uomo, solo, davanti a un lago. È giovane, ma si sente vicino alla morte. Le onde del lago sembrano onde di memoria. A ogni ondata corrisponde un ricordo. L'uomo è Catullo, il lago è il lago di Garda. Catullo ripercorre le tappe principali della sua breve vita: l'apprendistato presso il suo maestro, Valerio Catone; l'incontro con Cesare; le avventure con gli amici poeti Lucrezio e Anser; la ricerca dell'imprendibile Camerio; ma, soprattutto, rievoca le fasi alterne del suo amore travolgente per una donna sposata, una donna dai due nomi, Clodia e Lesbia. Un amore che ha conosciuto l'esaltazione più alta e la disperazione più nera e che, alla fine, lo ha spinto a cercare la fuga, via da Verona, via da Roma fino all'assolata Bitinia, sulle rive di un mare lontano. Lì una giovane prostituta pare indicargli una via di salvezza, una forma possibile di redenzione. Un romanzo che non è una ricostruzione storica, ma un sogno sulla figura di Catullo, intessuto di mille citazioni, allusioni, riecheggiamenti per avvicinarsi sempre più alla sostanza poetica di questo enigmatico e affascinante autore.
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Dettagli

2
2012
30 agosto 2012
197 p., Brossura
9788860881564

Valutazioni e recensioni

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FRANCESCA
Recensioni: 1/5

Il titolo prometteva bene e l'idea di fondo non sarebbe stata male, ma non si può parlare di Catullo e mischiare episodi del Satyricon di Petronio a citazioni di Dante, inoltre non credo che ai tempi di Catullo esistesse la parola "gaffeur" (pag.73)! Risultato: a pagina 93 ho abbandonato la lettura

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Monica
Recensioni: 5/5

"L'Ultima estate di Catullo" di Alessandro Banda è un testo che a me è parso davvero bello. Tratta dei grandi temi eterni, amore e amicizia, in modo assai poetico e, nel contempo, rende tutti i toni, che sono varii, della poesia di Catullo, ma senza essere saccente né vanamente erudito. Monica

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Luciano
Recensioni: 2/5

Scrivere romanzi sull'antichità è impresa difficilissima (non a caso, pochissimi ci sono riusciti); c'è sempre il rischio di far parlare, agire e pensare i personaggi come uomini del nostro tempo e non del loro. Le scelte sono due: o si rappresenta il personaggio facendone astrazione ed elevandolo a figura astorica oppure si cerca una via mimetico-realistica. Entrambe le possibilità non sono esenti da pericoli. Spinto da uno sconfinato amore per Catullo e da una positiva recensione letta sul Corriere, mi sono precipitato sul romanzo di Banda, rimanendone però deluso. Ci sono delle pagine suggestive (per esempio, l'incontro tra Catullo e Cesare oppure la figura di Valerio Catone, specialmente quando parla della poesia), ma il resto sembra più compendio di letteratura latina, di cui si parafrasano diverse opere (passi del De rerum natura dedicati all'amore, il Petronio della cena di Trimalchione e della Matrona di Efeso, il mito di Orfeo e Euridice, l'Orazio della Satira 5), non si capisce bene se esigenze di realismo o per sfoggio di cultura. Anche la scrittura ha un che di scolastico, un temino ben fatto, ma senza passione (e trattandosi di Catullo non è un dettaglio). Ne è uscito un Catullo, se posso permettermi, un po' liceale (con tutto il rispetto per i liceali, s'intende). Tutto sommato, un'occasione persa.

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Voce della critica

  "Un uomo. Solo. Seduto davanti a un lago". Così ci viene presentato Catullo (ormai verso il 54 a.C.): "Il respiro regolare di quelle onde ha accompagnato i suoi sogni di ragazzo. Al sorgere del favonio, tiepido vento di ponente, il lago sembra color porpora, ma prima, quando l'aria è immobile, ha lo stesso colore del cielo". Acque mosse dal vento, contemplate in prossimità della fine, che ci riportano a un celebre antecedente, il pur diverso, sterminato libro di Hermann Broch del 1958, La morte di Virgilio, la cui prima parte si intitola proprio L'acqua, l'arrivo: è l'arrivo di Virgilio morente nel porto di Brindisi, su acque azzurre e leggere appena mosse dal vento. Ma di poco posteriore al libro di Broch è quello del romeno Vintilă Horia (Dio è nato in esilio del 1960), che nel confino di Ovidio a Tomi – anche qui sul mare, nell'antica Dacia – rivive la propria condizione. Ma il Benàco, o Garda, è così grande che, "Se (Catullo) chiude gli occhi, il lago gli sembra un mare". E sono le onde di questo lago/mare a mettere in moto la memoria del poeta di Sirmione che, con un andamento piano, classico, ricostruisce la propria breve e inquieta vita (lui, "giovane invecchiato", morto trentenne). Lo fa attraverso frammenti nei quali vengono "tematizzati" momenti della propria vita: lo studio a Sirmione, la poesia, l'amicizia (tra gli altri, Lucrezio), Roma, l'amore sfortunato per Clodia/Lesbia, il viaggio in Bitinia per "dimenticare", il potere e la corruzione: "Catullo vorrebbe procedere con ordine. Seguire uno schema fissato da tempo per esporre i suoi ricordi, in modo che anche altri si possano riconoscere nella sua storia. Non sta bene parlare di sé, pensa, è contro il decoro, a meno che la propria vicenda non assuma un valore esemplare": non a caso si usa ancora la terza persona prima di passare alla forma diretta. Al governatore Memmio che in Bitinia saccheggia a tutto spiano non lasciando nulla ai suoi collaboratori (tra i quali Catullo), con la cui figura ci si avvia alla conclusione (figura di potente preceduta dal Cesare scrittore e conquistatore, "Sisifo felice" che fa la vana fatica di fondare un impero destinato a sbriciolarsi), si contrappone quella del maestro: "Valerio Catone era povero. Viveva in una catapecchia. Mangiava una mezza libra di farro al giorno, due grappoli d'uva. Gli bastava. Risolveva ogni dubbio. Rispondeva a ogni quesito. Era pieno di debiti. Valerio Catone era il nostro maestro di poesia. Lui solo sapeva come si legge un testo. Come si forma un poeta. Lo adoravamo". Adorazione che riguarda la poesia stessa. Valerio Catone insegna una scrittura diversa da quella di Cesare; dice ai suoi allievi, tra l'altro esortati a irrigare la mente con la lettura prima di scrivere: "La poesia è meglio della storia; la poesia infatti è il campo del possibile, di quello che può essere; la storia invece descrive fatti reali; e la possibilità è più grande della realtà", anche se con la realtà in qualche modo gareggia, stando ai precetti relativi alla tragedia (che appaiono qui metaletterari): in essa l'azione "Dev'essere rappresentata, non raccontata. Agita, non descritta. Il fine dell'opera è l'azione. Il fine della vita è l'azione". E la vita è allora l'amore per Clodia/Lesbia: quell'amore indefinibile, come la poesia. Nel quale la passione compromette l'equilibrio (ma così è anche per la letteratura: "Il grande scrittore spesso è squilibrato", a differenza del pedante, puro "burocrate dello stile"). In fondo, se vogliamo dirla con Nietzsche, l'ebbrezza riguarda tanto la poesia che l'amore. E l'irruzione di Clodia nella vita di Catullo viene proprio paragonata all'arrivo di Dioniso, "il dio dai molti nomi": "Perché Dioniso è sempre il dio che arriva da fuori, da lontano, e sorprende", come questo amore, così diverso da tutti. Differentemente da ciò che vorrebbe la tradizione, a Lesbia "non l'accompagnavano cori di fanciulle vergini ripetendo continuamente o Imeneo Imene, o Imene Imeneo". Chiaro il riferimento a un testo di Catullo, meno noto ai più che invece senz'altro riconosceranno la richiesta del "dammi mille baci" che, in un gioco delle parti, il poeta non sa se ritenere pronunciata da se stesso o dall'amata. Ma l'ebbrezza sessuale non sembra qui unire, quanto piuttosto spezzare definitivamente i legami, in una sorta di appagamento che diventa sazietà e quindi malinconia post coitum: le pagine successive, dedicate al sentimento della morte, legano eros e thanatos, preparando la fine della vicenda umana dello stesso Catullo, che però, anziché al fiume Lete della dimenticanza si affida – a questo i suoi versi vogliono servire, nella precarietà stessa dell'ebbrezza sessuale e della vita? – al "lago della Memoria", al suo lago, davanti al quale tutto comincia e finisce: "Catullo, stai per fare un lungo viaggio". Quello fatto da autore e lettore in un passato fatto presente.   Enzo Rega    

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Conosci l'autore

Alessandro Banda

1963, Bolzano

Alessandro Banda è uno scrittore italiano, si è laureato in lettere all'Università di Padova nel 1987 dove ha anche conseguito un dottorato di ricerca in filologia italiana. Ha pubblicato su riviste alcuni saggi dedicati a Leopardi, Celan e Pasolini. Ha pubblicato per Einaudi Dolcezze del rancore (2001), per Guanda La verità sul caso Caffa (2003), La città dove le donne dicono di no (2005), Scusi, prof, ho sbagliato romanzo (2006), Come imparare a essere niente (2010), L'ultima estate di Catullo (2012), Il lamento dell’insegnante (2015), Congiura (2018). Per Laterza ha pubblicato, nel 2012, Due mondi e io vengo dall'altro.Vive a Merano.

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