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Descrizione



La recensione di Ibs

"Cultura è equilibrio intellettuale, riflessione critica, senso di discernimento, aborrimento di ogni semplificazione, di ogni manicheismo, di ogni parzialità."

Questa frase di Bobbio, estrapolata da una lettera da lui mandata a Giulio Einaudi nel settembre 1868, rappresenta con chiarezza la linea lungo la quale si è sempre mosso sia nella sua attività intellettuale che nel suo impegno politico. Questa "libertà intellettuale" è parte della concezione altissima di libertà che ha sempre guidato le sue scelte e che in questa Autobiografia appare il filo conduttore di tutta una vita.

Gli anni della sua formazione vedono Torino come centro di grande elaborazione culturale e politica. I nomi di amici o compagni di scuola, di interlocutori con cui Bobbio inizia a riflettere e a discutere sul significato e sul valore della libertà (che proprio in quegli stessi anni inizia ad essere conculcata) sono quelli su cui si fonda la civiltà intellettuale dell'Italia contemporanea. L'impegno antifascista si fa sempre più attivo, irrinunciabile l'azione in un momento in cui non era eticamente lecita qualsiasi forma di neutralità, naturale lo sbocco in "Giustizia e Libertà", binomio mai scindibile, né nella concezione dello Stato, né nell'elaborazione del pensiero politico se ancora nel 1995 per l'Einaudi esce un saggio dal titolo "Eguaglianza e libertà".

"Ogni uomo ha la possibilità di differenziarsi dagli altri secondo la propria legge intrinseca, che è la propria libertà e quindi di essere valutato in modo corrispondente alla sua differenziazione", e ancora, "In democrazia tutti sono ugualmente liberi. Ugualmente: l'avverbio è fondamentale. Questa uguaglianza richiede, a mio parere, il riconoscimento anche dei diritti sociali, a partire da quelli essenziali (istruzione, lavoro, salute), che rendono fra l'altro possibile un migliore esercizio dei diritti di libertà". La citazione di queste due frasi, scritte da Bobbio a distanza di anni, la prima nel 1942 e la seconda nel 1984, mostrano la coerenza di una vita totalmente spesa nell'affermazione della necessità imprescindibile di coniugare questi due valori come invece la storia del Novecento non ha mai saputo fare.

La definizione di intellettuale data nel 1966 come di "colui che incarna o dovrebbe incarnare lo spirito critico... il seminatore di dubbi, l'eretico per vocazione" va però collegata all'altro giudizio: "bisogna saper distinguere la vocazione minoritaria da un rigido, ostinato e in fine dei conti sterile atteggiamento scismatico" e da qui la decisione di sostenere la unificazione del Partito Socialista.

La scelta di non essere protagonista della vita politica attiva non ha però mai impedito a Bobbio di essere presente e partecipe, anzi punto di riferimento nel dibattito intellettuale e politico dell'ultimo trentennio. Nel 1984, il filosofo apre una forte polemica con la "democrazia dell'applauso" varata da Craxi nel Congresso di Verona e Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica, scrivendo a Valeria Cova, moglie del filosofo dice: "Glielo dica, glielo dica, i suoi giudizi sono anche i miei" e nel luglio dello stesso anno lo nomina senatore a vita.

Nel 1996, il 2 giugno, esce su La Stampa l'ultimo articolo di Bobbio in qualità, come scrive lui stesso in questa Autobiografia, di "filosofo militante".

Oggi, in questo libro, si dichiara molto scettico "del nuovo per il nuovo", dichiara la difficoltà di lettura dell'attualità politica, ammettendo anche la poca "voglia di capire" che lo accompagna. Eppure dà indicazioni su quelli che, secondo lui, sono i problemi più gravi che oggi l'Italia deve affrontare: la questione dell'amministrazione della giustizia, il sistema scolastico, i servizi.

La conclusione del libro è poi un messaggio importante sempre, alla luce di quella che Bobbio definisce essere la sua "certezza del dubbio": "La storia umana, tra salvezza e perdizione, è ambigua. Non sappiamo neppure se siamo noi i padroni del nostro destino".


A cura di Wuz.it
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Dettagli

2
1997
9 maggio 1997
296 p., ill.
9788842052289
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Indice


Le prime frasi del libro:

PREISTORIA
In un dato momento della nostra vita - i venti mesi che separano l'8 settembre 1943 dal 25 aprile 1945 - siamo stati coinvolti in eventi più grandi di noi. Dalla totale mancanza di partecipazione alla vita politica italiana, cui ci aveva costretto il fascismo, ci siamo trovati, per così dire, moralmente obbligati a occuparci di politica in circostanze eccezionali, che sono quelle dell'occupazione tedesca e della guerra di Liberazione. La nostra vita è stata sconvolta. Tutti noi abbiamo conosciuto vicende dolorose: paura, fughe, arresti, prigionia; e la perdita di persone care. Perciò dopo non siamo più stati come eravamo prima. La nostra vita è stata divisa in due parti, un "prima" e un "dopo", che nel mio caso sono quasi simmetriche, perché il 25 luglio 1943, quando cadde il fascismo, avevo trentaquattro anni: ero giunto nel "mezzo del cammin" della mia vita. Nei venti mesi fra il settembre 1943 e l'aprile 1945 sono nato a una nuova esistenza, completamente diversa da quella precedente, che io considero come una pura e semplice anticipazione della vita autentica, iniziata con la Resistenza, alla quale partecipai come membro del Partito d'azione.
Quando dico "noi" intendo una generazione di intellettuali che, come me, ha vissuto il passaggio fra due contrapposte realtà italiane. A questa generazione era dedicata la mia raccolta di ritratti e testimonianze Italia civile, apparsa nel 1964, per iniziativa della giovane casa editrice Lacaita di Manduria. Il titolo mi era stato suggerito, per antitesi, dal libro di Curzio Malaparte pubblicato da Gobetti nel 1925, Italia barbara. Come ho spiegato nella nuova edizione (Passigli, Firenze 1986), i personaggi che popolano l'Italia civile - e quelli che s'incontrano in altre due raccolte di ritratti edite da Passigli: Maestri e compagni (1984) e Italia fedele (1986) - appartengono a un paese ideale, rappresentano un'altra Italia, immune dai vizi tradizionali della vecchia Italia reale, che pensiamo ogni volta superata e con la quale invece dobbiamo sempre fare i conti. Un'Italia segnata, scrivevo, da prepotenza in alto e servilismo in basso, soperchieria e infingardaggine, astuzia come suprema arte di governo e furberia come povera arte di sopravvivere, il grande intrigo e il piccolo sotterfugio. Gli uomini di cui ho reso testimonianza rappresentano un'altra Italia e addirittura un'altra Storia.
Norberto Bobbio è nato a Torino il 18 ottobre 1909. Un vento di protesta, con cortei, comizi, mozioni parlamentari, appelli di intellettuali, agitazioni sindacali, incidenti diplomatici, batteva da una settimana l'Europa, dopo la fucilazione, a Barcellona, del rivoluzionario catalano Francisco Ferrer, accusato dal governo spagnolo di aver fomentato una rivolta e condannato in un processo senza prove. Nel nostro paese, la Confederazione del lavoro aveva proclamato lo sciopero generale a Roma e Torino. Le tensioni politiche non si erano placate, alimentate dall'ostilità dei socialisti e degli anarchici contro l'arrivo, alla Reggia di Racconigi, dell'imperatore Nicola II, lo zar di Russia, o Csar o Tsar, come preferivano scrivere i giornali.
Lunedì 18 ottobre l'anagrafe di Torino registrò ventidue nascite, dodici maschi e dieci femmine. La giornata appariva umida e nuvolosa. Al Teatro Carignano recitava la compagnia di Emma Gramatica. La FIAT era stata fondata nel 1899 e produceva circa 1800 autovetture l'anno. L'aviazione era uno sport alla moda, a tal punto che "La Stampa" di lunedì 18 pubblicava nella rubrica Domande d'impiego: "Giovane, distinto, appassionato aviazione, piloterebbe apparecchi aerei". Piero Gobetti, che Bobbio non incontrerà mai, aveva otto anni e frequentava la scuola elementare Pachiotti. Il giorno dopo la nascita di Bobbio, martedì 19, sarebbe morto Cesare Lombroso, dal 1876 docente di Medicina legale e di Igiene pubblica all'università di Torino.
Mio padre Luigi Bobbio, medico-chirurgo, originario della provincia di Alessandria, primario all'ospedale San Giovanni, era uno dei più noti chirurghi della città. Mio nonno paterno, Antonio, era un maestro elementare, in seguito direttore didattico, cattolico liberale, che aveva collaborato al giornale alessandrino "La Lega" e si era interessato di filosofia, pubblicando due libri critici sui pensatori positivisti Roberto Ardigò e Herbert Spencer, oltre a un libro manzoniano, dal titolo che oggi fa sorridere: Il Vero, il Bello e il Buono nei "Promessi Sposi". Non molto tempo fa un giovane storico alessandrino, Cesare Manganelli, ha curato una scelta di diari inediti che mio nonno aveva scritto durante tutta la vita. Il libro, pubblicato dal giornale "Il Piccolo" di Alessandria, è uscito col titolo Memorie, con una mia prefazione in cui scrivo tra l'altro: "Del nonno, in noi ragazzi è rimasta l'immagine di un vecchio venerando e venerato, che ci metteva soggezione, e di cui gli stessi figli parlavano con ammirazione e reverenza".

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alberto pierobon
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Il libro si snoda in capitoli la cui titolazione è eloquente: la "Preistoria"con le amicizie giovanili nella fucina del Liceo D'Azeglio: Pavese,Ginzburg, Einaudi, Monti, Pajetta, Foa, etc. La "Università" con i maestri Ruffini, Einaudi, Solari. Poi in Germania con Treves e Geymonat conoscendo Radbruch, Jaspers... basterebbe solo questo per impressionare coi tanti stimoli culturali e amicali di Bobbio che inizia i suoi studi (pervero eclettici) con la fenomenologia husserliana. La "Resistenz"a con altri personaggi (Marchesi, Opocher, La Malfa, Chabod, Esposito,Grosso). La "scoperta della democrazia", asserendo "il parlamento è come un'assemblea di dibattiti, più che sovrana, parla ma non decide".Eppoi: il compito degli uomini di cultura è seminare dubbi, non raccogliere certezze.Il "dialogo con i comunisti" (es. sull'abuso di potere). Il riconoscimento dei diritti sociali essenziali rendono possibile migliore esercizio dei diritti di libertà: bisogna soddisfarli e difenderli "ecco il criterio di base per distinguere la sinistra dalla destra".Lo "insegnare" coloro che lo hanno segnato in particolare sono Kelsen (nella concezione procedurale della democrazia) e Hobbes (con le idee: individualismo, contrattualismo e potere comune per la pace).Il pessimismo è un dovere civile, perchè soltanto un pessimismo radicale della ragione può destare qualche fremito in coloro che non si accorgono che il sonno della ragione genera mostri. Poi le "Battaglie politiche", "Pace e guerra", e nelle possibili interpretazioni sulla storia chiude con la metafora del labirinto (preferita rispetto a quella della mosca nella bottiglia di WIttgenstein, ed a quella del pesce nella rete) così gli uomini in un labirinto credono "di sapere che una via d'uscita esista ma non sanno "dove sia" alla fine "L'unica lezione del labirinto è la lezione della strada bloccata". Sono molte le suggestioni e ricostruzioni di persone e pensieri che qui si incrociano, nella vita di questo "seminatore di dubb".,

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Norberto Bobbio

1909, Torino

Nasce a Torino il 18 ottobre 1909, e si laurea in legge e in filosofia. Antifascista, entra nel gruppo torinese di Giustizia e Libertà e successivamente nel Partito d'Azione. Viene arrestato nel 1943. Filosofo del diritto e storico della cultura, come studioso della teoria generale del diritto si è impegnato in un ripensamento del giusnaturalismo e del positivismo (Giusnaturalismo e positivismo giuridico, 1965). Non mancano nella sua produzione gli studi politici: ha scritto importati saggi sui classici moderni (Da Hobbes a Marx, 1965) e sugli elitisti italiani (Saggi sulla scienza politica in Italia, 1969); ha affrontato più volte il tema del rapporto tra politica e cultura (Politica e cultura, 1955) e ha realizzato saggi e scritti sulla democrazia (Il futuro della democrazia,...

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