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La recita di Bolzano - Sándor Márai - copertina
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recita di Bolzano

Descrizione


"Che cosa aspetti a infilarti il costume, vecchio commediante, illusionista appassito? Il ballo in maschera sta per cominciare." Il libertino quarantenne ha un gusto amaro in bocca, e la stanza è piena di ombre: sono le ombre della sua giovinezza. Ma ha un contratto, e deve rispettarlo. Dov'è la lettera che gli ha mandato Francesca? "Devo vederti" ha scritto. Oh, non sarà né la prima né l'ultima che riceve da una donna sposata. Questa, però, è stata scritta dalla sola donna che un giorno ha creduto di amare (e lui, per paura di quell'amore, è fuggito). Per di più gliel'ha portata il marito in persona: Sua Eccellenza il conte di Parma.
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Dettagli

2005
Tascabile
11 maggio 2005
264 p., Brossura
9788845919756

Valutazioni e recensioni

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rigus68
Recensioni: 4/5
Recita non eclatante

Il racconto si snoda a Bolzano, dove Casanova si ferma per otto giorni dopo la sua rocambolesca fuga dal carcere veneziano dei Piombi. Quivi si riappropria del suo mestiere, l’avventura, che contribuisce a creare il suo personaggio. Casanova (qui ritratto all’età di 40 anni) si definisce uno scrittore, dedito ad accumulare esperienze in vista di futuri capolavori, ma soprattutto a conoscere sé stesso. L’azione si svolge tutta nella stanza d’albergo di Casanova. Quivi Casanova si atteggia a consulente matrimoniale e riceve numerose donne in cerca di soluzioni ai loro problemi di coppia, spillando loro fior di quattrini. In casa c’è una serva di 16 anni, Teresa, che Casanova seduce e con cui copula per ben otto notti. La prima metà del romanzo è dedicata ad una lenta e minuziosa costruzione del personaggio ad opera di Casanova stesso. Poi appare all’orizzonte un’altra figura, quella di Francesca, una fanciulla toscana per la quale Giacomo Casanova si era battuto anni prima e che aveva quasi dimenticato. La comparsa della donna è preceduta da quella dell’anziano marito, il conte di Parma che, tutto sommato, incoraggia la relazione dei due. Morirà nel 1798 nel castello di Dux, appartato angolo della Boemia, dove il conte di Waldstein gli aveva offerto il posto di bibliotecario. Quivi si era attribuito il titolo di cavaliere di Seingalt. Se ne andò dimenticato, umiliato e offeso dalla servitù di quell’ aristocratico angolo di mondo, vessato soprattutto da un maggiordomo di nome Feltkirchner. Le sue strabilianti avventure gli meritarono, nel 1976, un film da parte di Federico Fellini. Interessante ma spesso troppo verboso e perso nei meandri d’inutili digressioni.

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Anna
Recensioni: 4/5

Un libro poetico e dal piglio incalzante che trascina il lettore nelle avventure romantiche di Casanova, a Parma, nel 1600. Come sempre il punto forte di Marai sono i dialoghi, lunghissimi e travolgenti. Molto bello.

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una_lettrice_a_montmartre
Recensioni: 4/5

"Credo nel destino, che siamo noi stessi a plasmare e poi accettiamo. Credo nella vita, in quelle diversità che alla fine combaciano sempre perfettamente,quando mille particolari si ricompongo sino a formare un tutto unitario, un uomo, una vita. Credo nell'amore e nella mutevolezza della fortuna. E credo nella scrittura, perché la scrittura ha potere sul destino e sul tempo. Nulla di ciò che fai, desideri o ami è destinato a durare. Passano le donne tramontano gli amori. Sfumano le emozioni e la polvere del tempo ricopre le tracce delle azioni compiute. Ma la scrittura rimane". Prendendo spunto dalla vita di Giacomo Casanova, Marai si addentra ancora una volta nella ricerca del senso della vita, dell'amore, attraverso lunghi monologhi che hanno la capacità di farci comprendere anche grandi parti di noi stessi. Magistrale.

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Voce della critica

"Credo nell'amore e nella mutevolezza della fortuna. E credo nella scrittura, perché la scrittura ha potere sul destino e sul tempo. Nulla di ciò che fai, desideri, ami e dici è destinato a durare. Passano le donne, tramontano gli amori. Sfumano le emozioni, e la polvere del tempo ricopre le tracce delle azioni compiute. Ma la scrittura rimane."


Per chi desidera leggere un romanzo, nel senso tradizionale e più elevato del termine, arriva questo lavoro di Sándor Márai, finalmente tradotto (è datato 1940) per Adelphi, la casa editrice che ha fatto conoscere lo scrittore ungherese in Italia. Dopo Le braci e L'eredità di Eszter, che hanno già catturato e coinvolto migliaia di lettori, La recita di Bolzano conferma la grande capacità narrativa dell'autore.
Protagonista del romanzo è un uomo di nome Giacomo, ma è anche, indubbiamente, l'amore. L'amore negato, l'amore sofferto, l'amore unico, che nella vita non si può ripresentare due volte. La vicenda è ispirata direttamente alla biografia di Giacomo Casanova, come l'autore stesso scrive in un'Avvertenza all'inizio del testo ("il mio eroe rassomiglia maledettamente a quel viandante intrepido, apolide e tutto sommato, io credo, infelice"). Giacomo è un personaggio affascinante, un avventuriero che piace alle donne. Non bello, non particolarmente prestante, ma dotato di un appeal misterioso, vive un'esistenza da libertino. Sempre alla ricerca della felicità, senza mai trovarla, Giacomo, nato in una povera casa di Venezia, ma orgoglioso della sua origine (i veneziani sono tutti gentiluomini di nascita, perché Venezia è la città più nobile del mondo) conduce una vita senza legami e senza regole, ma non priva di etica. La sua indole è incompatibile con il potere e lo porta allo scontro diretto e all'incarcerazione nei Piombi "perché il mondo esige ordine, consenso, remissività a tutti i costi, pretende la resa incondizionata all'ordinamento divino e umano. Ma in lui, profondamente radicata nel suo petto, divampava impetuosa la fiamma della resistenza; e questo era un fatto imperdonabile".
Riuscito a sfuggire dalle carceri veneziane, accompagnato da Padre Balbi, un monaco "depravato", giunge a Bolzano, tappa intermedia di un viaggio che, nelle intenzioni, dovrebbe portarlo verso Monaco e le corti europee. Ma a Bolzano l'aspetta il destino. La città non gli piace (anche se la gente lo tratta con riguardo e con curiosità dopo che la notizia della sua rocambolesca fuga si diffonde insieme alle leggende legate alla sua figura) ma Giacomo non riparte perché scopre che proprio a Bolzano risiede Francesca, l'unica donna che abbia amato. Per Francesca in passato Giacomo ha affrontato un duello, è stato gravemente ferito da quello che poi è diventato il marito della donna, il Conte di Parma. La sua figura, il suo viso, la nostalgia per un sentimento inespresso e impossibile l'hanno accompagnato nel tempo. Ma il destino gli gioca uno scherzo strano. Ora che la donna è vicina, ora che potrebbe riallacciare segretamente una relazione con lei, interviene il marito, un uomo anziano e gelosissimo, con una richiesta molto particolare, che rimescola le carte e trasforma la situazione. A Giacomo viene comandata una vera e propria recita che possa far "guarire" la donna dalla sua passione per il veneziano. "Pagherò un prezzo alto per te, Giacomo - dice il Conte di Parma andando a trovare il libertino direttamente nella sua stanza d'albergo - com'è giusto che sia quando uno compra un regalo perché la sua vita volge al termine ed egli, in segno di congedo, vuole offrire qualcosa alla donna, all'unica donna che ama". L'uomo accetta ("Allora che aspetti? Comincia a vestirti, vecchio commediante, illusionista avvizzito!"), ma non vuole compensi, non può essere pagato per una recita sui cui esiti non può garantire, per uno spettacolo che probabilmente non potrà dirigere.
L'amore non ha regole, segue un istinto indomabile e può essere la gioia più grande e la più terribile pena. L'amore domina le tre figure che nella parte finale del romanzo si fronteggiano, esprimendo lungamente i propri sentimenti l'uno all'altro. L'amore ne uscirà vincitore, ma gli uomini saranno sconfitti.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Sándor Márai

1900, Košice (Ungheria)

Scrittore, poeta e giornalista ungherese. Nato nell’odierna Kosice, in Slovacchia (allora parte dell’Impero austro-ungarico), divenne collaboratore della «Frankfurter Zeitung». Nel 1928 si trasferì a Budapest dove, nel corso del ventennio successivo, pubblicò numerosi romanzi in lingua ungherese (I ribelli, 1930; Le confessioni di un borghese, 1934; Divorzio a Buda, 1935; L’eredità di Eszter, 1939; La recita di Bolzano, 1940; Le braci, 1942) che si soffermano, con prosa musicale, a indagare le pieghe più intime di personaggi che incarnano il malinconico disfacimento della mitteleuropa. Benché premiate dal successo, le sue opere vennero bollate come «realismo borghese» dall’intellighenzia del nuovo regime comunista:...

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