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Quando avevo cinque anni, mi sono ucciso - Howard Buten - copertina
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Descrizione


Un romanzo d'amore narrato da un ragazzino di otto anni che, grazie o a causa della sua "anomalia", turba e disturba. Burt è vittima della stupidità degli adulti che trasformano i suoi sogni in sintomi clinici e il suo amore in attentato. Per quello che ha fatto a Jessica, precoce e deliziosa compagna di scuola tutta sguardi torbidi e ammiccamenti, il protagonista viene rinchiuso in un istituto di neuropsichiatria infantile. E qui, sulle pareti della Stanza del Riposo dove viene confinato alla minima infrazione, egli ci racconterà la sua storia avvincente, sconvolgente e struggente. Una storia da ridere o da piangere, narrata in una lingua spogliata da qualsiasi orpello con cui per lo più la società degli adulti e dei buoni sentimenti ama infiorare e travestire l'essenza pur di non farla trapelare. La lingua di Burt è la lingua dell'innocenza, la lingua dell'uomo e dei suoi valori più veri prima del "peccato", prima della comparsa di quel pensiero logico-raziocinante e onnipervadente che ha esteso la sua legge fino a renderla assoluta e unica, Burt si riprende quanto gli è stato tolto: l'altro mondo, quello del gioco, del sogno, del mistero, del non detto, della poesia, del sottosuolo, della trasgressione, quel mondo, insomma, che gli adulti assennati e genitori hanno strategicamente confinato in spazi precisi, controllabili e marginali, quasi a voler codificarne e ufficializzarne la rimozione.
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Dettagli

2009
23 ottobre 2009
194 p., Brossura
9788880033318

Valutazioni e recensioni

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Giovanni B.
Recensioni: 2/5

Purtroppo non sono riuscito ad apprezzarlo e non mi è piaciuto granché... dopo un po' la visione delle cose da parte del bimbo protagonista mi ha stancato... ho cercato di far lavorare la fantasia e l'immaginazione ma con scarsi risultati. Libro che può essere più interessante che piacevole da leggere, per quanto mi riguarda.

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Mattia
Recensioni: 5/5

Non ho parole per definirlo. Ha a tratti echi del Piccolo Principe, ma oltre a questo è un libro davvero speciale.

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Recensioni

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Voce della critica

Burt ha otto anni, è rinchiuso in una clinica psichiatrica per aver commesso atti riprovevoli nei confronti di una bambina. Il romanzo è narrato in prima persona dal bambino stesso e, attraverso un sapiente uso della suspense, è tutto incentrato sul progressivo svelarsi dello scabroso episodio e sulla decifrazione delle turbe psichiche che ne segnarono le cause. Gli eventi del quotidiano, le visite specialistiche e la terapia comportamentale sono dunque filtrati attraverso gli occhi di Burt, la sua immaginazione, i suoi ricordi sconnessi e, soprattutto, le sue parole. Non si tratta infatti di un semplice monologo interiore, ma di un reale resoconto che il bambino scrive sui muri della sua stanza. Nonostante le turbe psichiche e la quasi incapacità comunicativa, al bambino è stato riconosciuto un raro talento linguistico e gli è stato permesso di scrivere riflessioni sul muro (quelle che di fatto formano il romanzo) come unica possibilità terapeutica. Lo stile di Buten è dunque lo stile del bambino: limpido, senza sbavature, sintatticamente minimalista ma anche estremamente evocativo. Questo particolare tratto stilistico, tuttavia, incarna sia il pregio del romanzo sia il suo limite più evidente. Se da un lato pare interessante scoprire la varietà e l'inventiva del flusso coscienziale infantile, dall'altro il linguaggio che sorregge tali pensieri, pur nella sopraccitata semplicità, risulta talvolta inverosimile perché concettualmente troppo complesso per le reali capacità introspettive di un bambino. Un limite minore, infine, è quello, mai troppo dibattuto, dell'etica del romanziere. L'autore deriva infatti la storia dalla sua attività di psicologo in una clinica psichiatrica infantile, e l'utilizzo che fa di certe esperienze, specie di quelle più pruriginose, a fini non solo estetici ma anche (e occorre precisarlo) sensazionalistici, non può non destare dubbi sull'autenticità di una scrittura così incalzante e accattivante.
Federico Sabatini

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