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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2005
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solito Camilleri in forma ed esilarante
In questo romanzo Camilleri racconta le vicissitudini seguite all'uccisione di Gigino Gattuso,giovane di Caltanissetta,proclamato martire fascista in quanto il suo omicidio sembra avere un movente politico.In realtà,seguendo passo passo gli atti del processo,Camilleri smonterà il castello di bugie e mistificazioni della propaganda fascista rivelandone l'inconsistenza e la natura persecutoria.Il giovane martire fascista si scoprirà essere morto nel tentativo di realizzare un pestaggio ai danni di un noto socialista del posto,dunque perderà l'aura angelica che lo ha circondato e la targa in sua memoria perderà il titolo appunto.Questa tragica vicenda,tanto assurda quanto purtroppo vera,vissuta da vicino da un giovane Camilleri ha secondo me il grandissimo pregio di far immergere il lettore nella crudeltà della dittatura fascista più di qualsiasi libro sul ventennio nel quale ci si può imbattere, grazie all'umanità che l'autore sà trasmettere nel descrivere la violenza fisica e psicologica attuata contro chiunque non si allineasse.Un bellissimo libro assolutamente consigliato.
C’è da credere che, se questo romanzo non è entrato a far parte dei maggiori successi del suo autore, debba entrarci per qualche verso quel titolo autoironicamente riduttivo che sembra voler negare se stesso, inducendo di riflesso l’impressione che i contenuti del libro debbano a loro volta essere qualcosa di anonimo ed evanescente. Sarà dunque opportuno chiarire in partenza che ad essere “privo di titolo” non è il romanzo bensì il suo personaggio centrale; e che tale situazione individuale, assunta a denominatore dell’intera narrazione, ne compendia nel migliore dei modi, con intelligente ed amara ironia, tutti i retroscena e i nodi di contraddizione. La vicenda ricostruisce in termini romanzati il caso del “martire fascista” Gigino Gattuso (qui ribattezzato Lillino Grattuso), la cui lapide commemorativa, dopo la caduta del regime, non venne rimossa ma semplicemente scalpellata rimuovendo l’aggettivo e facendone, quindi, un martire “privo di titolo”. Soluzione che potrebbe a prima vista sembrare un classico prototipo di compromesso all’italiana, e che invece rispecchiava più che mai l’autentica sostanza dei fatti, visto che il “martire” era in realtà stato ucciso per errore da un suo camerata durante l’aggressione a un militante comunista, fatto poi passare per l’assassino.
Recensioni
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Il commissario Salvo Montalbano può attendere. Andrea Camilleri torna ai suoi lettori con un nuovo romanzo del filone storico, che intreccia la vicenda dell'unico "martire fascista" siciliano del biennio rosso con la colossale beffa di Mussolina, la città nei pressi di Caltagirone che avrebbe dovuto celebrare per sempre la gloria del Duce.
Lo spunto da cui nasce il romanzo è un ricordo personale dello scrittore siciliano che al principio del libro racconta come nell'aprile del 1941, con gli studenti del ginnasio liceo "Empedocle" di Girgenti, partecipò all'adunata giovanilfascista tenutasi a Caltanissetta in onore del "martire" Gigino Gattuso. Vent'anni prima il diciottenne Gattuso era caduto durante uno scontro con un gruppo di militanti di sinistra, tra cui un certo Michele Ferrara, subito accusato dell'omicidio. In realtà le dinamiche dell'agguato furono tutt'altro che limpide e nel corso delle successive indagini affiorarono non pochi indizi che indicavano il vero colpevole in un camerata del morto che avrebbe ucciso per sbaglio il compagno.
Partendo da questo episodio di cronaca realmente accaduto Andrea Camilleri scrive una narrazione romanzata in cui i nomi dei veri protagonisti della vicenda sono stati cambiati e in cui i fatti vengono raccontati con un collage stilistico che associa alla piana narrazione di prosa, pagine in forma di documenti, verbali, testimonianze, vere o false, deposizioni o lettere, il tutto secondo una formula già ampiamente sperimentata in romanzi come La concessione del telefono e La scomparsa di Patò. Dagli antefatti della fatidica sera del 24 aprile 1921 alla sentenza finale del processo, si susseguono un turbinio di fatti e colpi di scena, raccontati con il puntiglio del conoscitore dei fatti di storia locale ma anche con tutta l'amara ironia dell'affabulatore che ben traspare nella constatazione finale espressa in un manifesto anonimo: "un fascista ammazzato da un altro fascista può essere chiamato martire fascista? Oppure è un semplice morto ammazzato privo di titolo?"
Alla storia di Gigino Gattuso si intreccia quella di Mussolinia, una città giardino che sarebbe dovuta sorgere nei pressi di Caltagirone a imperitura gloria del Duce, che si trasformò invece in una beffa colossale sin dalla posa della prima pietra, il 12 maggio del 1924, funestata da una serie di incidenti organizzati da nemici del regime, tra cui il furto della bombetta di Mussolini e la sua sostituzione con un ridicolo cappello, i fischi dei caprai, la scomparsa della pergamena da incastonare nella prima pietra. Nel 1930 Mussolinia non era ancora stata costruita e per non deludere Mussolini le autorità locali dovettero ideare un espediente ingegnoso ma, ahimé, non risolutivo: un artistico fotomontaggio.
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