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I moralisti classici. Da Machiavelli a La Bruyère - Giovanni Macchia - copertina
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I moralisti classici. Da Machiavelli a La Bruyère
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I moralisti classici. Da Machiavelli a La Bruyère - Giovanni Macchia - copertina

Descrizione


Fra il Cinquecento e il Seicento, in tutte le grandi letterature dEuropa si assiste alla fioritura di un genere di scrittori che si dedicano a una lucida indagine sulle passioni delluomo. Da Machiavelli a Pascal, da Montaigne a Gracián, da Burton a Torquato Accetto, da La Rochefoucauld a La Bruyère, si tratta di autori grandissimi, che hanno in comune una volontà talvolta feroce di giungere al «fondo dellanima». Una gran parte della sapienza psicologica che ci è stata trasmessa viene da loro. Nei Moralisti classici, un critico eminente e acutissimo, Giovanni Macchia, è riuscito con mano felice a orchestrare queste voci in un solo tessuto musicale, illuminandone le connessioni e i contrasti, rivendicando testi a lungo trascurati, come quelli di Garzoni o di Mazzarino, e gettando luce nuova sui più illustri. Pubblicata per la prima volta nel 1961, e successivamente accresciuta, questa antologia rimane unica per la sua ricchezza e la profondità della prospettiva.
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Dettagli

4
1988
19 settembre 1988
470 p., Brossura
9788845903076

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luciano
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Per moralisti classici, l'autore intende quegli scrittori che sono vissuti tra Cinquecento e Seicento e che hanno indagato la profondità dell'animo umano. In questa antologia sono riportati brani tratti dagli scritti di Macchiavelli, Guicciardini, Michel De Montaigne, Francisco De Quevedo, Mazzarino, René Descartes, Pascal, e di altri autori noti e meno noti o dimenticati, ma non per questo meno grandi degli altri; tra questi abbiamo Tomaso Garzoni da Bagnacavallo e Stefano Guazzo. E' un libro denso di contenuti, tuttora attuali, sulla natura dell'uomo, che suscitano un grande interesse e molteplici riflessioni. E' un libro che si legge lentamente al fine di poter assaporare fino in fondo la tanta saggezza in esso contenuta.

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LL
Recensioni: 5/5

Classica antologia d'autore.

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Voce della critica


recensione di Boitani, P., L'Indice 1989, n. 5

Tra Don Giovanni e Don Rodrigo, ma anche prima di loro, ci sono i moralisti classici, di cui Macchia pubblicò un'affascinante antologia, ora riproposta, fin dal 1961. Se gli scenari secenteschi stabiliscono paralleli e diffrazioni tra vita e scrittura, tra personaggi reali da una parte e teatrali o romanzeschi dall'altra, i moralisti illustrano la meditazione sulla vita che la scrittura compie tra Cinque e Seicento. Dalla sua solitudine, il moralista osserva un mondo in crisi, eminentemente mobile; si affaccenda intorno ad "un'immagine labile e incerta per sedurla e copiarla". E Macchia raccoglie queste immagini in grandi campiture, nelle quali lascia parlare gli autori stessi, accompagnandone le riflessioni con una splendida "Introduzione" generale e brevi considerazioni su ciascun brano e ciascuno scrittore.
Machiavelli, il padre fondatore del genere, affronta l'incertezza discutendo del potere (cioè dell'uomo) con la lucida certezza della ragione, ma già Guicciardini s'affida al "ricordo", al frammento. Ancora in Italia, Castiglione rivela l'altro volto dell'uomo rinascimentale, quello "idillico", costruendo l'immagine ideale della "corte" di Urbino, e Guazzo indica il difficile equilibrio tra "conversazione" e "solitudine", mentre in Spagna Antonio De Guevara si abbandona all'idillio della solitudine bucolica. È proprio dal "piacere della solitudine" che nasce il saggio di Montaigne, lo sperdersi del pensiero non sistematico, ma infinito, su se stesso, della cui ammaliante mancanza di punto fermo discorreranno più tardi nel libro Pascal e De Saci. Se in Montaigne e Bacone questa meditazione ha ancora un equilibrio, esso si rompe subito. La solitudine è l'anticamera della malinconia, della follia: ed ecco l'"Hospidale de' Pazzi Incurabili" di Tomaso Garzoni, ecco l'"Anatomia" di Burton (o, più leggeri e sereni, Quevedo e Browne). Il Potere, tuttavia, è sempre più forte: torniamo, con l'arte della dissimulazione, a Graci n, a Mazzarino, e giungiamo a Torquato Accetto, che non sa decidere tra i due estremi, la Corte e la cella solitaria, tra il Cardinale e Pascal. La moralità è scomparsa, rimane "il gioco degli interessi immediati". Di contro, si staglia appunto Pascal, nell'austero isolamento dei "moralista puro", così diverso dell'analitico Cartesio delle "Passioni dell'anima".
Tra Pascal e La Bruyère il filo della solitudine è continuo: per ambedue il "male" nasce dal non stare soli. Ma il "male" del primo, che si ritira dal mondo, è diverso da quello del secondo, che nel mondo si intrattiene. Tra i due, tra la corte e la cella, La Rochefoucauld: nel salotto, ma in esso "isolato", "gelido e amaro" nelle sue riflessioni e nelle sue massime. Dopo di lui, non resta a La Bruyère che guardare gli uomini da vicino, uno per uno, nel loro passare attraverso il tempo, nella "labilità" dei dettagli, dei gesti, degli accenti. I "caratteri" stanno per diventare personaggi di romanzo. I "moralisti" scavano tra le nostre passioni. Con le "linci del discorso'' scoprono le "seppie dell'animo". Da loro, credo, noi possiamo apprendere, forse non più imparare.

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Conosci l'autore

Giovanni Macchia

(Trani, Bari, 1912 - Roma 2001) critico e saggista italiano. Studioso di letteratura francese (ha insegnato a lungo all’università di Roma), si è occupato anche di autori italiani e di storia del teatro. Fondamentali i suoi studi su Baudelaire: Baudelaire critico (1939), Baudelaire e la poetica della malinconia (1946), Baudelaire (1975). Tra le altre sue opere, di un saggismo aperto all’analisi comparativa, allo studio delle varianti d’autore, alla ricostruzione di grandi temi culturali e artistici, alla rievocazione suggestiva di figure e ambienti, si ricordano: Il paradiso della ragione (1960), Vita, avventure e morte di Don Giovanni (1966), I fantasmi dell’opera (1971), Il silenzio di Molière (1975), Il principe di Palagonia (1978), L’angelo della notte (1979), Pirandello o la stanza della...

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