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Le prime due parti del libro raccontano la storia di un uomo che ha perduto la memoria e cerca di ricostruire il proprio passato sfogliando i documenti (giornali, fotografie, fumetti, romanzi) del suo periodo giovanile raccolti nella soffitta di una vecchia casa. I documenti riletti dal protagonista ( e in buona parte “copiati” nelle illustrazioni del libro – fra cui un fumetto di Cino e Franco da cui Eco ha preso ispirazione per il titolo del libro) ed i suoi ricordi sono almeno in gran parte quelli della gioventù di Eco, come ha testimoniato il suo amico Gianni Coscia (che con Gianluigi Trovesi ha inciso un CD molto godibile con un titolo che si ispira al romanzo), per cui costituiscono una specie di autobiografia, senza esserlo dichiaratamente. Le prime due parti del romanzo funzionano benissimo, almeno per me che ho vissuto quegli anni (Eco aveva 3 anni più di me) e che le ho lette con molto piacere. Nelle terza parte il protagonista, che dopo le visite alla soffitta era guarito, riacquistando la coscienza di sé e quasi completamente la memoria del passato, viene investito da un automobile e si ritrova a vivere in una nebbia, farneticando fra riflessioni assurde, ricordi a sprazzi (molto spesso illustrati), tentativi di ricordare, in particolare di rivedere il volto di una ragazza, che era stato uno dei pochi ricordi di cui non era riuscito a venire a capo nella prima esperienza. La trama della prima parte è semplice e ben condotta, quella della terza parte è fumosa e assolutamente poco convincente. Per questo il giudizio è la media fra un 5 ed un 1.
Memoria: arena di nessi e intime liste, di alfabeti spesso sovrapposti, di numeri e profumi, di sbandamenti, sussulti, intatte lontananze. Ma un giorno quel circuito si sloga, smarrendosi in terre senza presa: "Tutto quello che mi è accaduto prima è come se fosse una lavagna su cui hanno passato la spugna. Sono di un'immacolata nerezza". Eccolo qui l'ossimoro lucente dal quale salpa questa storia, magheggi di nebbia fra le tempie del ricordo, stenti e sforzi di un libraio antiquario (chissà perchè si chiama Bodoni?!!) a ridare traccia ai propri astri sensibili, ai minimi contatti vissuti, a uno ieri imprendibile e ai piombi sparpagliati della sua biografia: "La nebbia amica mi affronta, mi aggira, mi ricopre, mi avvolge, mi respira, mi accarezza le guance e poi s'infila tra il bavero e il mento, e mi punzecchia il collo; e sa di forte, di neve, di bevanda, di tabacco". Si getterà in una vecchia villa a frugare fra carte, fumetti, rotocalchi, evocando antiche canzoni e tristi sprazzi del ventennio, tentando di ridare vigore a quello stelo intontito, a risalire alla sua foce più nuda, a rimettere in fila, se sarà possibile, le giuste tessere di quel domino dissolto. In nessun libro forse Eco è stato dentro se stesso come in questo, ragazzino curioso e bibliofilo voracissimo, infantile e serio lungo la ragionata pazzia del tempo, fra i lampi delle sue associazioni, nel suo mentire standoci al polso. Slitta sempre un nome nei nostri elenchi fidati, sfiziosa legge, "quel qualcosa che si crogiola sornione nella regione ferita del mio cervello". Tornerà ai suoi amati cataloghi, a ritrovare il fiato di amicizie svanite, a passare lo straccio su quella dura fuliggine, a ricomporre i "suoi cocci diroccati"? Il si e il no son sempre garanti mendaci, e le certezze assolute cartomanti radiate dall'albo. Ma il viso di una donna, di un amore, di quel vero primo amore che scendeva la scalinata del vecchio liceo, forse può guarire ogni crepa. E' in lei la soluzione. Accadrà?
È proprio l'incipit di Rayuela che mi viene a mente leggendo le pagine del quinto romanzo di Eco. È un romanzo fatto di nebbie, fitte foschie che popolano la campagna di Solara, paesino in cui vivevano i nonni del nostro protagonista Yambo. Ed è proprio lui, che a seguito di un incidente, vaga tra inaccessibili ricordi autobiografici alla ricerca della memoria perduta. Non ricorda nulla di ciò che è, ma lucida nella sua mente è la memoria semantica: Yambo è una biblioteca umana di citazioni e documenti, come se riuscisse a vivere la sua vita nelle storie degli altri, dimentico della sua. Nell'immenso solaio della villa di Solara, cerca di ritrovarsi nella storia della sua generazione, quella degli anni 40, cerca piccole fiammelle misteriose che dipanino la nebbia; così il romanzo diventa un viaggio documentaristico in cui si intersecano l'Italia fascista, lo smarrimento del dopoguerra, il terrore della bomba atomica, la resistenza partigiana e il domandarsi se sia giusto parlar bene del Duce per prendere un buon voto a scuola. Dall'immenso lavoro di Eco emerge un amore (sapientemente messo in dubbio) nei confronti della letteratura, emerge la necessità di tornare indietro a quando avevamo tutto e non ce ne rendevamo conto, emerge la ricerca costante dell'Isola Non-Trovata: che appare talora, ma solo di rado, annunciandosi con un profumo da cortigiana, inattingibile e lontana, parvenza vana, eppure mia. Un viaggio in quei ricordi che sembrano propri dell'autore, una sorta di autobiografia, un testamento letterario, un omaggio a tutta l'arte che l'essere umano ha saputo creare, come tante fiammelle che illuminano la vita di noi esseri umani smarriti nella nebbia. Come Yambo procediamo non sapendo mai dove il romanzo ci porterà, venuti al mondo ab ovo, ricercando il volto della ragazza perduta a cui, quando eravamo bambini, abbiamo dedicato poesie infantili: forse la Maga, forse Loana, forse Lila, forse noi stessi nell'impossibilità di definirci.
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