J'accuse. Gli attacchi del 7 ottobre, Hamas, il terrorismo, Israele, l'apartheid in Palestina e la guerra

Libro bellissimo capace di metterre "ordine" in tanti anni di storia palestinese. Nell'asimmetria di un popolo senza paese e di un popolo senza confini. Attraverso i riferimenti legislativi: il diritto internazionale umanitario, i diritti umani uguali per tutti, ma non solo; attraverso la macabra contabilità dei morti, degli invalidi, della carceralità; attraverso il monitoraggio delle date da memorizzare e riordinare sulla linea del tempo. Per comprendere il contesto in cui tutto avviene. Quel mondo con le sue contraddizioni, le molteplici identità, le minoranze che in questo territorio vivono o sopravvivono. Con un occhio di riguardo per la privazione dell'infanzia e l'imperativo alla sua protezione. Talvolta il dibattito pubblico non contribuisce a ritrovare il senso e il nonsenso di quanto è accaduto e sta accadendo. Semmai il rischio dell'informazione che giunge fino a noi è piuttosto quello di ghettizzare ulteriormente, dividere ancora le persone in base al loro schierarsi o meno con questa o quella fazione. Aspetto interessantissimo del saggio è l'introspezione a cui viene condotto il lettore. Una sorta di umanizzazione di sé verso l'altro da sé per un cambiamento epistemologico, per una diversa narrazione. L'autrice parla della violenza con estrema sensibilità e delicatezza, consapevole della costante fatica di restare sul filo della democrazia. La scrittura, moderata e pacata, appare tuttavia incisiva e diretta ad una possibile trasformazione.

Ho acquistato il libro allo scopo di informarmi sulla questione israelo-palestinese in seguito agli attacchi del 7 Ottobre. Inutile affermare quanto la sua lettura sia stata salvifica. J’accuse illustra e ripercorre gli avvenimenti precedenti e successivi all’attentato, interpretandoli e ricontestualizzandoli attraverso le norme del diritto internazionale. Penso sia uno strumento fondamentale per comprendere la natura del conflitto, andando al di là delle semplificazioni giornalistiche che rendono Hamas una sineddoche del popolo palestinese, e l'antisionismo sinonimo di istanze anti-ebraiche. L'unico “neo” riscontrato è relativo non tanto alla qualità contenuti, quanto alla distribuzione degli stessi all'interno dei diversi capitoli. Alcuni passaggi vengono ripetuti più volte in forma pressoché identica: immagino sia da attribuire all'impostazione stessa del libro che, essendo fondamentalmente a metà tra un’intervista e un saggio, riproduce alcune caratteristiche del linguaggio parlato. Tuttavia, data l'importanza complessiva degli argomenti trattati, può essere considerata una caratteristica positiva: per alcuni, le informazioni si potrebbero sedimentano con maggior facilità.

Paradossalmente il terrorismo in Palestina è stato portato dal gruppo paramilitare sionista di estrema destra Irgun Tzvai Leumi ancora nel lontano 1931. Oltre novant’anni dopo, a 80 anni dall’attentato all’Hotel King David, con Israele governato dall’estrema destra la nemesi del terrorismo di Hamas nutre ancora il clima di sopraffazione e violenza che forza con il terrore verso un esodo forzato o l’annientamento la stremata popolazione palestinese. Il testo di Francesca Albanese, profonda conoscitrice del diritto internazionale e relatrice ONU della politica israeliana sui territori occupati, è quello che meglio riesce ad affrontare con fatti e argomenti puntuali l’attuale situazione. Quest’ultima è spesso volutamente ignorata da governi e media occidentali per una scelta di campo geopolitica che è foriera di tragiche conseguenze.