Il gusto di uccidere

Nel 1990 Usciva L.A. Confidential (LA=Los Angeles) di James Ellroy. Nel 2016 Hanna Lindberg rispondeva con Stockholm Confidential. Una sfida? Questo secondo romanzo è tempestivo, se si pensa che da anni i cuochi imperversino e spadroneggiano nei programmi televisivi e che nel 2010 andò in onda una serie di 11 puntate su ‘I Delitti del Cuoco’. Qui il gusto non è dei cibi ma è di uccidere e i cuochi (tre Florian Leblanc, Jon Ragnarsson e Linda Berner), pur essendo stellati, sono vittime di un oscuro ricatto mafioso e non carnefici. I due personaggi principali su cui poggia questo giallo-noir sono gli stessi del romanzo precedente, Solveig Berg (blogger di moda nell’agenzia di Vanja Stridh, critica gastronomica) e Lennie Lee (ex-direttore di una rivista di costume ma anche ex-carcerato). I capitoli con le gesta dei due si alternano assieme a pagine in neretto disseminate qua e là con le vicende di un oscuro personaggio di cui un lettore accorto scoprirà l’identità già a metà percorso. Al ristorante Stockholm Grotesque sta per svolgersi la consegna del premio “Il cuoco d’oro” ma al momento dell’assegnazione Vanja, capo di Solveig, è uccisa. La polizia crede al suicidio e archivia il caso ma Solveig capisce, da una parola della moribonda, che è stato un assassinio e parte con indagini private. Da qui un continuo di colpi di scena, imprevisti, macroscopici ribaltamenti delle ipotesi di partenza. Lindberg mostra una padronanza non comune dell’argomento e ha una scrittura fluida e ben armonizzata. Ci sono però crepe nel romanzo: anzitutto è troppo prolisso, un sano taglia del testo gli avrebbe giovato non poco. Poi c’è il comportamento di Lennie talmente assurdo da sembrare puerile. Come fa un ex-direttore di rivista a comportarsi come un bambino sprovveduto? Il finale, poi, è troppo melodrammatico e non termina mai, quasi fosse l’addio dell’eroe o eroina in un opera lirica, dove il protagonista, prima di esalare l’ultimo respiro, deve finire di gorgheggiare la sua romanza!

Gravato dalle alte aspettative che lo circondavano già dal suo annuncio, il nuovo romanzo di Hanna Lindberg riesce a dare fin da subito prova al suo pubblico di una grande ed inaspettata maturità: sia dal punto di vista, generale, dello stile narrativo sia da quello, particolare, della cura riservata al suo contenuto, Il gusto di uccidere si rivela, nonostante qualche piccola imperfezione, un prodotto decisamente più valido ed appetibile del suo già affascinante predecessore. Dall’ambientazione capace di suscitare gli interessi più vari e di sfruttare sapientemente il momento di favore che il mondo gastronomico sta vivendo ormai da qualche anno alla costruzione psicologica e caratteriale dei diversi personaggi che si contendono prepotentemente la scena, dalla struttura narrativa in grado di accrescere, grazie ad una sottile linea di tensione destinata a divenire sempre più imperante, la morbosa curiosità di ogni lettore fino alla trattazione sensibile, ma al contempo pungente di tematiche che non possono in alcun modo rimanere nascoste nell’ombra di un silenzio assordante, tutto contribuisce a fare del Thriller una lettura sorprendente che pur mancando di un ritmo segnatamente incalzante riesce a conquistare per bellezza, acume ed ingegno. Caratteristiche che si riflettono soprattutto sulla profondità che alcuni dei protagonisti dimostrano di essere in grado di fronteggiare. Se nella prima parte il romanzo si caratterizza per uno studiato incedere lento e riflessivo, concentrato per lo più sui rapporti interpersonali dei soggetti e sulle descrizioni che si riveleranno poi non essere affatto fini a se stesse, nella seconda metà riesce a trasformarsi in un concentrato di adrenalina, tensione ed oscurità capace di avvolgere completamente un lettore rapito ed ammaliato da un estro artistico sorprendente. Un romanzo che con uno stile semplice, immediato e travolgente trasporta il lettore in un mondo in cui passato e presente si intrecciano fino a non lasciare scampo.