I grandi matematici

Opera ponderosa, però di lettura agevole. Manca tutto il Novecento.

Secondo questo autore la matematica è cosa da maschi, anglosassoni o tedeschi, possibilmente protestanti; egli cerca di dimostrarlo con una serie di aneddoti e amenità varie, di livello fra Novella 2000 e Scoop. Ma, per fare solo due esempi, quello che racconta su Galois, benché avvincente, è in gran parte una fantasia romanzata. Quello che si permette di inventare o alludere su una matematica e scienziata di grandissimo livello come Sonja Kovaleskaia (che cita solo "perché collegata alla vita di Weierstrass") è semplicemente indegno. Risibili gli interludi tecnici, in cui cerca goffamente e prolissamente di spiegare concetti semplici ed elementari, di cui ha idee confuse e approssimative (il Bell era piuttosto digiuno di matematica, a parte qualche contatto con la matematica discreta). Un libro che dal 1937 ad oggi ha fatto più danni della grandine. È da non credere che una collana come la BUR, che ha avuto una importanza storica nella divulgazione letteraria del dopoguerra, si sia abbassata a ripubblicare una schifezza simile in Italia.

Un romanzone quasi dickensiano, lungo seicento e passa pagine, dove i protagonisti sono i matematici, con la grande sorpresa che erano uomini vivi (bonari, paranoici, simpatici, altezzosi, alcolizzati), ma soprattutto perlopiù reduci da infanzie infelici e poverissime (tanto per rimanere nei paraggi di Dickens).