Le cose che restano

fa male al cuore. dolcezza e tristezza filtrate dallo sguardo di una bambina; ed è difficile farlo senza scadere nel banale, ma Offill riesce nell'impresa.

Con una scrittura estremamente curiosa, frammentaria ma organica allo stesso tempo, l'autrice racconta la storia della sua infanzia e il rapporto con la sua affascinante e difficile madre e con il dolce e razionale padre. Il tutto è meravigliosamente condito da aneddoti, curiosità, conoscenze scientifiche ed astronomiche. Sicuramente non è un libro facile, non si può tenerlo per i ritagli di tempo o per prendere sonno, ma va letto e goduto con calma, tranquillità ed attenzione, per poter entrare dentro la storia e lo stile di Jenny Offill.

Sarà che con le madri "disfunzionali" non ho molto feeling perché mi fanno subito saltare i nervi o sarà più semplicemente per il fatto che, con la scrittura di Jenny Offill non sono mai andata davvero d'accordo - in parte, è una scrittura affascinante e intrigante, perché è un patchwork letterario totalmente folle ed eccentrico e non sai mai dove è realmente capace di condurti - ma purtroppo, finisce tutto lì, ahimè! E sappiamo che, quando in una fotografia proviamo a sfocare troppo i contorni o allunghiamo troppo le linee degli orizzonti, di un paesaggio o di un soggetto vero e proprio, rimane ben poco ed è esattamente quello che è successo a me con questo libro. Peccato!