The Colour and the Shape

Secondo album dei FF che supera anche il suo predecessore, e in cui Dave Grohl comincia a regalarci capolavori come "My Hero" e "Everlong", dimostrando definitivamente di essere molto di più che "il batterista dei Nirvana". Un disco imperdibile!

Uscito nel 1997, The colour and the shape è il secondo album dei Foo Fighters, la band creata due anni prima dall'ex batterista dei Nirvana Dave Grohl e originariamente pensato come progetto solista. Se l'esordio eponimo del 1995 era stato pressoché interamente suonato da Grohl, in questo disco troviamo finalmente i primi contributi esterni di un vero e proprio gruppo di supporto, formato da Pat Smear (chitarra, già nell'ultimo tour dei Nirvana), Nate Mendel (basso) e William Goldsmith (batteria, arrivato però a registrazioni quasi concluse ed effettivamente presente solo in due brani). The colour and the shape restituisce a tutti gli effetti l'idea di una band solida e ben coesa, indirizzata verso un pop punk che strizza l'occhio alla radiofonia, come ben suggerisce già il primo singolo - un successo strepitoso, a dirla tutta - Monkey wrench. Ma anche canzoni come Enough space, My poor brain e Wind up costituiscono esemplari efficaci della voglia di scaricare l'adrenalina da parte dei FF, mentre pezzi dalla scrittura più sofisticata come My hero o Hey, Johnny Park! aprono la strada al futuro della rockband, sempre più orientata verso un vasto pubblico, da stadio. Fra le tracce lente spiccano poi il crescendo magistrale di February stars e l'apertura fugace e inaspettata di Doll, sebbene in definitiva il pezzo ancora oggi più noto di questo cd rimanga Everlong, grazie anche a un videoclip leggendario. Dave Grohl e compagni ci hanno preso gusto e The colour and the shape lo fa capire a perfezione.

Secondo album dei Foo Fighters, che in realtà in questa fase (1997) sono ancora fondamentalmente Dave Grohl, e più che mai in questo disco in cui caccia del gruppo il batterista di turno per procedere a registrare lui stesso tutte le parti di batteria (e come dargli torto?). L'album, sulla falsariga del primo, alterna pezzi rock a ballate più "pop", ma sforna i primi capolavori destinati a diventare tra i più amati dai fan anche 20 anni dopo: Everlong e My Hero. Ma a mio avviso ci sono altri pezzi di un certo spessore nonostante non vengano quasi mai suonati nei live, su tutti, Hey Johnny Park e New Way Home.