L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Promo attive (0)
“Sì, siamo stati nelle tenebre. Però, e questo lo si sentirà gridare forte nella valle di Giosafat, noi lottavamo contro la tenebra, anche se sbagliavamo talvolta la mira, mentre loro, le camicie nere e brune, creavano la tenebra che ci faceva perdere la strada.”
Due sono i colori che dominano questo straordinario romanzo, un’opera che vede inadeguati aggettivi e commenti: il nero e il rosso.
Il nero della cecità, ciò che non riusciamo a vedere con “il cannocchiale accostato all’occhio bendato” (“Per un momento non ho visto più nulla, solo un pulviscolo abbagliante che mi feriva gli occhi”), il nero e il bruno delle camicie dei fascisti e dei nazisti. Rosso il vello insanguinato, il fazzoletto legato al collo che strangola, la bandiera per la quale, ciecamente ma con coraggio e orgoglio, si può soffrire e morire.
Il processo della vita e del narrare è un continuo incrociarsi di tempi e luoghi diversi, di identità e di scelte necessarie o improvvise, che però definiscono un tipo umano particolare, lo sconfitto, il perdente, colui che è sempre dalla “parte sbagliata al momento sbagliato” della Storia, e che ha, proprio in questo, la sua epica grandezza.
L’intero romanzo è un io narrante che, in un centro d’igiene mentale, scrive al terapeuta raccontando la sua vita (o meglio le sue molteplici vite). Niente di più lontano però da un altro fondamentale romanzo del Novecento, quella Coscienza di Zeno che condivide con quest’opera solo il pretesto narrativo, l’origine biografica dell’autore e (anche se può apparire ardito) la grandezza.
L’arco temporale in cui, nelle sue varie identità, si muove il personaggio narratore, Cippico (ma anche Jorgensen), va dal 1802, anno in cui la Tasmania viene annessa come colonia penale alla Gran Bretagna, a un cruciale 1981 quando Gorbaciov pone fine all’impero sovietico, fino a giungere a questi ultimi anni, caduto il Muro, crollate le illusioni e le speranze, in cui solo la voce di un pazzo può raccontare con orgoglio una sconfitta.
Il mare poi: uno dei temi fondamentali nella poetica di Magris, “qualcosa di grande in cui tutto si tiene e che sa sempre ciò che bisogna fare”; il mare su cui passano le polene, ad aprire il passaggio agli argonauti, i bei volti impassibili, i dorsi svettanti, occhi sempre aperti con uno sguardo “attonito e dilatato” che sa scrutare “qualcosa che ai marinai è vietato e sarebbe fatale sapere”.
Quando il mare si è ritirato ha lasciato dietro di sé “porcherie e fanghiglia raggrumata e tutte le barche in secca”. Ma la nave era già “franata addosso” agli impavidi ed era la stessa che aveva spinto tanti uomini a combattere e a rischiare la vita sotto il fascismo, a subirne la persecuzione, a combattere in Spagna dove il vello si era già macchiato di sangue fraterno perché gli occhi erano all’improvviso diventati ciechi, quindi a subire il lager nazista e la morte guardata negli occhi orrendamente aperti sull’orrore di “un uomo, spaventato, terrorizzato, ma uomo”. Infine la scelta di andare laddove la bandiera rossa poteva sventolare vittoriosa: la Jugoslavia. E qui la beffa, terribile, sconvolgente, qui Goli Otok, l’Isola Calva, aspetta Cippico e tanti altri compagni, le torture e, per molti, la morte: “il peggio è quando a metterti nella fossa dei serpenti sono i tuoi”. “Ecco perché dopo Goli Otok non si sa più bene quali sono i nostri… E io?”, dice il narratore, come tanti altri sconfitti.
Goli Otok: ne aveva parlato qualche anno fa in un suo libro, rimasto sconosciuto ai più, Giacomo Scotti (Goli Otok. Italiani nel gulag di Tito, ed. Lindt), uomo di sinistra, che ha per anni cercato di raccontare l’irraccontabile e che aveva osato spezzare un silenzio imposto sì dal Partito, ma funzionale a tutti. Ora, con Magris, quel luogo si trasforma nella poesia del dolore, nel simbolo di chi ha visto lacerare ideali e speranze da “mano amica” e macchiare di sangue il vello d’oro perennemente inseguito. Forse si potrà così evitare che l’industria del turismo ne cancelli totalmente la memoria perché “le cose bisogna raccontarle continuamente se no si dimenticano”.
E se “è la morte, è il rogo, è il tumulo che narra la storia di un uomo” la sua grandezza non nasce dal successo e dalla vittoria, ma da come ha osato affrontare il gorgo, cieco o accecato, epico eroe di una sconfitta.
A cura di Wuz.it
L'articolo è stato aggiunto al carrello
Gli eBook venduti da IBS.it sono in formato ePub e possono essere protetti da Adobe DRM. In caso di download di un file protetto da DRM si otterrà un file in formato .acs, (Adobe Content Server Message), che dovrà essere aperto tramite Adobe Digital Editions e autorizzato tramite un account Adobe, prima di poter essere letto su pc o trasferito su dispositivi compatibili.
Gli eBook venduti da IBS.it sono sincronizzati automaticamente su tutti i client di lettura Kobo successivamente all’acquisto. Grazie al Cloud Kobo i progressi di lettura, le note, le evidenziazioni vengono salvati e sincronizzati automaticamente su tutti i dispositivi e le APP di lettura Kobo utilizzati per la lettura.
Clicca qui per sapere come scaricare gli ebook utilizzando un pc con sistema operativo Windows
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore