Ti condurrò fuori dalla notte

recensioni di Coletti, V. L'Indice del 1999, n. 01

La rapidità con cui Giampaolo Pansa sforna versioni romanzate delle sue rivisitazioni critiche della recente storia d'Italia è davvero stupefacente. Questa volta, con una parziale retromarcia cronologica rispetto al precedente La bambina dalle mani sporche (Sperling & Kupfer, 1998; cfr. "L'Indice", 1998, n.1), tocca agli anni e ai protagonisti del terrorismo rosso, i cui fantasmi agitano la mente di un giornalista, che, a suo tempo, non aveva avuto timore di denunciare l'orrore e la stoltezza delle Brigate rosse e dei loro emuli. Sono soprattutto le vittime della violenza insensata a colpire il protagonista e il narratore, che di esse, delle loro morti assurde e terribili, traccia una sintetica quanto efficace, affannata e angosciata, cronistoria. Certo, la fretta compositiva si sente e lascia segni nelle scorciatoie troppo battute della scrittura (i soliti regionalismi, proverbi, modi di dire), nella stereotipia di alcuni personaggi (in generale delle donne che ripropongono il tipo bello-dolce-sfrontato che domina già negli altri libri di Pansa), nel saccheggio troppo diretto delle fonti (i libri sulla Sardegna e le sue vecchie miniere citati diligentemente in bibliografia).Ma sarebbe ingiusto tacere i pregi di questo romanzo: dalla altissima leggibilità (pochi i rallentamenti nella trama e attento il montaggio) al pathos civile e morale che ne anima le ragioni di fondo e le pagine più intense, alcune delle quali, come appunto lo sterminato e dolente necrologio delle vittime del terrorismo, andrebbero obbligatoriamente lette nelle scuole.C'è, anche in questo libro, il Pansa che si compiace di profanare i santuari in cui anche lui ha officiato i suoi riti di conformismo ideologico, giornalista di caparbia onestà intellettuale che è portato a vedere innanzitutto le colpe e le responsabilità della sua parte.L'obiettivo è infatti puntato qui sul fiancheggiamento politico del terrorismo rosso a opera di tanti uomini di cultura e della sinistra istituzionale, giornalisti, militanti del grande magma extraparlamentare e dell'autonomia (Sofri e soci ne escono assai male). Ma non si pensi che, in un libro così di battaglia, il romanziere sonnecchi.Il romanzo c'è; la ricreazione del clima plumbeo e incredulo, in cui abbiamo vissuto, spesso (come chi scrive) molto da vicino, alcuni dei delitti ricordati in questo libro (Francesco Coco, Guido Rossa ecc.), è perfetta; la trama (con tanto di indagini poliziesco-giornalistiche e agnizioni) è fitta, accattivante, e rivela un gusto dell'intreccio, il piacere di far tornare i conti narrativi che rendono accettabile anche riandare a pensieri, gesti, uomini, vicende che, per il loro carico di livida paura e di inspiegabile sofferenza, vorremmo aver dimenticato.Pansa, in fondo, ha scritto questo libro per dirci di non farlo.