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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2014
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Scritto tra il 1980 e il 1981, «Zuckerman Unbound» è decisamente uno dei romanzi più freudiani tra quelli che hanno per protagonista il falso alter ego di Roth, che qui diventa una sorta di campione dell'autopunizione perché incapace di gestire il proprio improvviso successo come autore rispetto alle aspettative che la sua famiglia aveva nutrito per lui. Ne scaturiscono una curiosa angoscia da castrazione (che gli impedisce di tornare a scrivere per il timore di perdere l'attributo maschile che lo sta facendo conoscere nel mondo) e una forma piuttosto contorta di Edipo nei confronti di una madre che Nathan si trova improvvisamente costretto a porre in primo piano nella sua vita e quasi a dover proteggere, non essendo capace né desideroso di farlo. Ogni tentativo di allontanarsi dai propri doveri (ansia primaria per il protagonista, che non a caso si ritrova con un volumetto di Kierkegaard continuamente in tasca) viene vanificato dagli avvenimenti che si verificano intorno a lui e che lo fanno retrocedere da scrittore di successo a poveraccio. Se la vicenda non si gonfia fino a farne una sorta di «Cognizione del dolore» ebraico-newarkese è solo grazie ad una fortissima vis ironica, che ricorda al protagonista che, in fondo, «non devi fare altro che aspettare, e la vita ti insegna tutto ciò che bisogna sapere sull'arte dell'irrisione» (p. 73). E l'irrisione basta ad evitare il peggio.
Deludente, soprattutto perchè è di Roth, scrittore grandissimo. Diverse spanne sotto i suoi capolavori classici (penso a Ho sposato un comunista, La macchia umana, Pastorale americana, e altri). Poco calato nella vicenda politico-sociale del tempo (e ci sarebbero stati gli argomenti, eccome) e questo è un grande peccato, perchè Roth al riguardo è un maestro come De Lillo, come Mailer. Umanamente poverello. Scritto benissimo, ma almeno ciò Roth lo deve al lettore, visto che meriterebbe ampiamente il Nobel.
Un'acuta e divertente riflessione sul successo e in particolare sulle conseguenze che una grande popolarità può causare. Il tutto raccontato con lo stile unico di Roth, uno scrittore che ancora una volta conferma di essere un finissimo intellettuale e un artista di grande livello. Consiglio a quanti vogliano dedicarsi alla lettura di questo breve e agile romanzo di leggersi prima Il lamento di Portnoy dello stesso autore che per tematiche, stile e situazioni è ampiamente accostabile a questo nuovo capitolo delle vicissitudini di Zuckerman. Non è infatti difficile vedere nelle peripezie di Zuckerman - l'alter ego di Roth - un'ideale proseguimento di quelle di un Portnoy - che altri non è che, ancora una volta, Roth stesso - improvvisamente baciato dal successo grazie all'incredibile fortuna commerciale toccata al suo Lamento, un successo che Portnoy-Zuckerman-Roth forse non vuole ma che affronta nel suo modo ineguagliabile a metà strada fra la citazione colta, il tono divertente e divertito, talvolta lamentoso e brutale, ma sempre trasparente ed essenziale e(per me) unico e ineguagliabile. Ciao
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