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Dopo aver letto qualche romanzo di Chiara Gamberale si ha l'impressione di leggere sempre la stessa variazione sul tema: una donna con problemi psicologici, con una bassissima autostima che ama perdutamente un uomo sbagliato e con estremo masochismo, in nome di quel presunto sentimento, accetta qualsiasi cosa dal tradimento all'indifferenza. Anche in questo romanzo Lidia rincorre Lorenzo, arriva ad inventare una specie di guru per cercare di riportarlo sulla retta via, si annulla in un amore malato. E "quella zona cieca" che dà il titolo al libro e rappresenta la parte di noi che solo gli altri vedono, rimane in ombra. Occasione sprecata
Davvero questo romanzo ha vinto il Campiello? Incredibile! Nella quarta di copertina c'è scritto che "con La zona cieca Chiara Gamberale vince una scommessa letteraria tra le più difficili: trasformare una storia d'amore in una vicenda così carica di rivelazioni...". E invece a mio parere resta una semplice e banale storia di amore (e disamore), resa forse meno noiosa da una struttura narrativa visivamente vivace (le mail, gli interventi degli ascoltatori radiofonici, pezzi di diario, sms, ecc.). Se c'è un'emozione che suscita questa storia è la voglia di prendere a schiaffi i protagonisti, prima di tutto la donna succube di questo amore malato che non la rende felice come vorrebbe.
Insopportabile pensare che esistano davvero donne così masochiste e senza autostima o amor proprio, vittime di uomini che le ignorano, le usano, le sfruttano, le tradiscono o peggio. Questa storia è il diario spietato di un amore malato, contorto, perverso. Scritto molto acutamente, ma con un improbabile personaggio che si insinua nella coppia (Brian), così poco convincente o plausibile da risultare ridicolo e con un auspicabile finale però troppo sbrigativo. Stavolta la Gamberale, che solitamente apprezzo, non è stata altrettanto soddisfacente
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