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Winnicott. Vita e opere - Robert F. Rodman - copertina
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Descrizione


Quest'opera è una biografia completa del grande psicoanalista britannico, una delle maggiori figure della psichiatria e della psicologia dello sviluppo. Giunto alla psichiatria passando attraverso la pediatria, Donald Winnicott (1896-1971) riesce a parlare ancora a noi contemporanei perché si è occupato dei temi universali dell'essere umano, l'attaccamento e la separazione, l'amore e la perdita. Dobbiamo a lui concetti familiari come quello di "madre sufficientemente buona" o di "oggetto transizionale" (la famosa "coperta" di Linus).
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Dettagli

2004
XVI-511 p., ill. , Rilegato
9788870789119

Voce della critica

L'opera e la vita di Winnicott sono organizzate dall'autore intorno ad alcuni grandi temi che fanno l'originalità di Winnicott nel panorama della psicoanalisi del Novecento. In primo luogo il tema della natura e della nascita del vero sé nella relazione terapeuta-paziente e prima ancora nella relazione madre-bambino. Il vero sé nasce, dice Winnicott, dal gesto spontaneo, nel gioco creativo, nasce nella stabilità e continuità delle cure e dalla comprensione dei bisogni di base che il bambino riceve dall'ambiente educativo. Se questo accade si forma il primo nucleo di una esistenza autentica e sufficientemente creativa. Se questo non accade, se al gesto spontaneo del bambino si risponde con la distanza, la manipolazione dei sentimenti, il rifiuto o con l'intrusione coercitiva, il risultato è il costituirsi di un sé falso, difensivo, compiacente, imitativo. Il vero sé si nasconde e il sé falso continua apparentemente a funzionare con successo nella vita di relazione. Di fatto la persona portatrice di questa scissione avverte un sentimento interno di futilità, la sensazione di non essere, di non esistere veramente. Direi che questo è uno dei temi centrali dell'opera di Winnicott che Rodman giustamente sottolinea. Vi è in Winnicott un circuito positivo tra esistere, esserci, sentirsi reali, vivere in modo autentico, e il radicarsi di tutto questo nella creatività originaria e poi nei processi di simbolizzazione più sofisticati: gioco, arte, cultura. Ci stiamo accostando al luogo forse più impegnativo e originale del pensiero di Winnicott, quello dei fenomeni e degli oggetti transizionali, o meglio quello relativo al rapporto fantasia-realtà e all'intrecciarsi di queste due dimensioni della mente da cui nascono la libertà, la creatività, la salute mentale.
Prima di accostarmi a questo tema vorrei dire qualche cosa sul carattere biografico del volume di Rodman e sul contesto storico in cui la biografia intellettuale si muove: quello di una storia di vita letta attraverso un brano di storia della psicoanalisi. Rodman è stato il curatore dell'epistolario di Winnicott (D. W. Winnicott, Lettere , Raffaello Cortina, 1988) ed è sicuramente il suo biografo più accurato e informato. La sua biografia psicoanalitica intesse di continuo il divenire dell'opera winnicottiana con le antiche radici familiari e le vicissitudini relazionali del nostro autore. Rodman narra della crescita di Winnicott nella sua famiglia d'origine, delle esperienze matrimoniali, in una parola degli affetti e dei vissuti da cui nascono i tratti originali e creativi, le predisposizioni riparativo-oblative, l'attitudine e gli interessi terapeutici che furono di Winnicott. Infine Rodman analizza il tramarsi di questa storia interno-esterna con la storia della psicoanalisi, l'intrecciarsi di questo vissuto con le relazioni e i conflitti personali e dottrinali che attraversarono la psicoanalisi inglese dagli anni trenta in poi.
Da questa storia emerge con forza il rapporto e il debito formativo che Winnicott matura nei confronti di Melanie Klein e della sua scuola e insieme la sua autonomia intellettuale ed emozionale da essa, la capacità di porsi in posizione critica nei confronti di una corrente di pensiero e di un modello di formazione che sentiva a rischio di dogmatismo. Nel 1952 Winnicott scrive infatti una lunga lettera a Melanie Klein da cui traspare evidente il rispetto e l'apprezzamento per il suo lavoro e in cui si affretta tuttavia a sottolineare il desiderio che il lavoro kleiniano "possa essere riformulato da persone che vanno facendo scoperte a modo loro e che presentano ciò che scoprono nel loro proprio linguaggio". Winnicott ripropone in questa lettera il suo tema, quello della autenticità-originalità e quindi del ripensamento autentico, personale delle teorie psicoanalitiche, quali che fossero, e soprattutto l'attenzione ai pazienti e ai loro vissuti reali. Winnicott teme il costituirsi di scuole che si chiudono in un linguaggio, nella fedeltà acritica a una teoria, a un leader indiscusso a scapito dell'esperienza e quindi della stessa originalità-creatività del sapere analitico. Aggiunge infatti, sempre nella stessa lettera del 1952, "mi preoccupo per questa organizzazione che si potrebbe chiamare kleiniana e che, secondo me, costituisce la reale minaccia alla diffusione del suo lavoro". La lettera continua sottolineando l'importanza del ripensare, riscoprire, riformulare, che è il compito di ogni persona che fa ricerca, che fa lavoro clinico. Siamo di fronte al Winnicott che si batte contro lo spirito di sistema e il rigido linguaggio di scuola, e rivendica piuttosto la natura sperimentale del lavoro psicoanalitico che si confronta con casi clinici reali e necessita di riformulazioni creative.
Winnicott ha sicuramente mutuato dal prolungato scambio con la teoria e la pratica analitica kleiniana (fu in analisi con Riviere) una grande attenzione ai problemi dell'aggressività e della distruttività. L'elaborazione-scoperta del sé autentico, il sentirsi reale ed esistere, implica infatti anche la consapevolezza dei propri arcaici sentimenti di odio, le fantasie distruttive originarie che attraversano la mente infantile e tornano nella relazione terapeutica. Ma l'attenzione alle fantasie, e alle fantasie aggressive in particolare, non gli impedisce di dare il giusto spazio all'ambiente di vita, alla deprivazione reale a cui il bambino può andare incontro e da cui mutua angosce persecutorie e, appunto, fantasie aggressive. È questo uno spartiacque rispetto a Klein e al kleinismo, l'attenzione forte all'ambiente di vita reale e all'idea che la mente nasce e cresce in una interazione continua interno-esterno.
Siamo tornati al rapporto realtà/fantasia, che è un altro fondamento del lavoro winnicottiano. Dal punto di vista sia metapsicologico che clinico, Winnicott mette al centro della crescita umana la relazione del bambino con la madre-ambiente, quindi con l'ambiente reale, con le sue attenzioni amorose e le sue deprivazioni, sa tuttavia che ogni soggetto umano non "riproduce" un ambiente, lo vive, lo ripensa, lo metaforizza personalmente. Il mondo interno, il vero sé, nascono da uno scambio eterno-interno continuo. Gran parte dell'eredità di Winnicott è proprio nell'individuazione di questa area di scambio. Studiando gli oggetti transizionali e il gioco dei bambini, Winnicott individua un'area intermedia, uno spazio potenziale in cui la realtà interna, il mondo della fantasia, dei bisogni emotivo-affettivi, si coniuga con la realtà esterna oggettivamente percepita e conosciuta. Lo spazio potenziale di cui parliamo è lo spazio del gioco creativo, dell'arte, della cultura, ma è anche lo spazio della terapia.
L'analogia tra gioco creativo e terapia fa pensare agli obiettivi del lavoro analitico, particolarmente in situazioni originarie di grande deprivazione. Per capire questo occorre iscrivere l'analisi all'interno dello statuto ontologico del nostro esserci, del nostro essere nel mondo, per cui fare lavoro analitico significa diventare una persona e conquistare un vero sé, essere consapevoli di essere una persona "reale", distinguere e riconoscere ciò che interno e ciò che è esterno, fantasticare e insieme conoscere ciò che è reale: distinguendo e correlando immaginazione e fantasia, poter infine simbolizzare, metaforizzare. È quello che fa il bambino sufficientemente sano che gioca, ma è anche il lavoro dell'artista nei momenti profondi in cui utilizza in modo creativo il suo vero sé, è infine il lavoro dell'analisi. Questo è uno degli insegnamenti più profondi di Winnicott, e uno dei luoghi più fecondi della psicoanalisi contemporanea che nasce dalla teoria delle relazioni di oggetto e certamente dal pensiero dello stesso Winnicott.

Angelo Di Carlo

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