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Walter Hill - Simone Emiliano,Mauro Gervasini - copertina
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Walter Hill - Simone Emiliano,Mauro Gervasini - copertina

Dettagli

2002
22 maggio 2002
260 p., ill. , Brossura
9788887011302

Voce della critica

Walter Hill è uno dei rari autori americani che negli ultimi vent'anni ha avuto il coraggio di misurarsi con il western. Basterebbe questa caratteristica a farne una figura importante della scena contemporanea, visto che i suoi I cavalieri dalle ombre lunghe (1980) e Geronimo (1993) hanno saputo muoversi con straordinaria efficacia tra la storia e il mito del West, praticamente in disuso. Attraverso le figure della banda di Jesse James braccata dall'agenzia investigativa Pinkerton e quelle del manipolo di Apache braccati dall'esercito federale, Hill ha saputo restituire vitalità ad alcune delle pagine più emblematiche di quel ribellismo politico tipicamente americano che passa attraverso la poetica della strada e della clandestinità. Un individualismo profondamente permeato di eticità, quello dei suoi personaggi, le cui azioni al di fuori della legalità sono mosse da una spontanea avversione nei confronti di un potere economico che si serve della legge e delle istituzioni per soddisfare i propri interessi e per limitare le libertà individuali (è il caso, ancora, della figura di Billy the Kid e del suo scontro con i grandi allevatori che iniziarono a recintare il Sud-Ovest: non per nulla Walter Hill è stato sin da subito considerato il miglior erede di Sam Peckinpah, con cui collaborò come sceneggiatore). Un atteggiamento di insofferenza nei confronti del governo federale e della sua arroganza (dai fatti di Waco alla politica internazionale), che di recente sembrerebbe trovare la sua naturale prosecuzione negli attacchi compiuti da gruppi di americani, spesso autodefinitisi "patrioti", nei confronti delle istituzioni (vedi le pagine di Gore Vidal e di Noam Chomski sulle limitazioni alla libertà individuale nell'America degli ultimi anni).

In questo volume, che segue l'intera filmografia dell'autore a partire dai primi lavori, assai meno conosciuti, come L'eroe della strada (1975) e Driver, l'imprendibile (1978), in cui già spicca la determinazione e l'irriducibilità del singolo contro la corruzione del sistema, non è solo il carattere del personaggio a essere analizzato. Come viene infatti sottolineato già nell'introduzione di Giona Nazzaro, il cinema di Hill spicca per la sua propensione alla modernità: secondo il critico "è con I guerrieri della notte (1979) che il cinema americano cosiddetto postmoderno entra nella sua fase sincretica: quella dove la tradizione (e non solo la memoria cinefila della storia del cinema) incontra la frammentazione della forma contaminandosi con linguaggi a essa apparentemente estranei. Basta riandare con la memoria alla sequenza dei titoli di testa del film in questione: un montaggio a colpi di chirurgiche rasoiate presenta le varie bande che si recano, in metropolitana, al luogo del raduno (...) Tutta l'estetica del videoclip preconizzata in forma di cinema". Una spregiudicatezza formale che tuttavia si nutre di una relazione costante con la tradizione e l'identità culturale anche dal punto di vista musicale, come sintetizzato emblematicamente in Strade di fuoco (1984), secondo Nazzaro "il film definitivo di Hill", in cui spicca quella collaborazione con la ricerca filologica di Ry Cooder che già ne I cavalieri dalle lunghe ombre aveva raggiunto uno dei suoi momenti più alti.

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