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Volti della memoria nel «grand siècle» e oltre - Benedetta Papasogli - copertina
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2000
1 aprile 2000
344 p.
9788883194498

Voce della critica


scheda di Pique, B. L'Indice del 2000, n. 12

Sin dalla fine del Rinascimento cominciano a perdere prestigio le antiche arti di memoria, mentre ancora lontani sono gli avvaloramenti moderni, in letteratura come in filosofia, di una memoria "affettiva". Il libro di Benedetta Papasogli si propone di sondare questo vuoto, di sollecitare questo silenzio, che è anche silenzio della critica e della storiografia. Che ne è dunque della memoria in una cultura, quella del Seicento francese, tanto attratta dai misteri dell'interiorità, dalle profondità inconoscibili dell'io? L'età classica, in realtà, ha prestato poca fiducia a questa facoltà, relegandola tradizionalmente a funzioni servili. Eppure, proprio allora inizia a prendere forma "un immaginario della memoria" denso di sviluppi futuri. Attraverso un percorso suggestivo, ricco di riletture originali, che sceglie come tappe testi notissimi (dalle Pensées di Pascal alla Princesse de Clèves di Madame de La Fayette) e altri pressoché sconosciuti, Benedetta Papasogli coglie due valenze essenziali della memoria "del cuore" secentesca. La prima è intimamente legata alla problematica degli affetti e delle passioni e all'interrogativo eterno sul "bonheur": una memoria "affettiva", appunto, di cui ecco affiorare le prime confuse manifestazioni (si veda la bella analisi dedicata alle riflessioni di un monaco benedettino, François Lamy, sui ricordi "furtivi", quasi preannuncio dei sussulti della memoria involontaria). L'altra invece, greve di antichi retaggi, coinvolge la sfera dell'etica: la memoria si fa carico di ravvivare valori morali, toccando talvolta zone profonde della persona, ma cedendo anche talvolta il passo, in un'esigenza più spirituale, all'oblio di sé. Una terza parte dello studio apre la prospettiva oltre il "grande secolo": ad autori - Prévost, Rousseau, Chateaubriand - che, pur nelle inedite sfaccettature in cui i poteri della reminiscenza vanno rifrangendosi, riattualizzano in contrasto o in armonia alcuni di quegli aspetti profetici della memoria ai quali il Seicento aveva dato voce. Non a caso il volume si chiude con in appendice un saggio sulla fortuna di Pascal nell'età dei Lumi: a significare come anche nel dibattito settecentesco sul bonheur (e sul tempo e sulla memoria), ancorato dialetticamente alla grande visione tragica pascaliana, la rottura non escluda linee di continuità.

Barbara Piqué

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