Volevo solo giocare a calcio. Vera storia di Adriano Ferraira Pinto

Adriano Ferreira Pinto nasce nel 1979 in un villaggio rurale del Brasile. Il padre, appassionato di calcio, gioca nella squadretta locale, e coinvolge i figli Edievaldo e Adriano, che sognano di diventare come i loro idoli, Romario e Bebeto. Non c’è molto tempo x giocare: i bambini lasciano la scuola e aiutano il padre nel duro lavoro nei campi. Adriano trova lavoro in città, in una fabbrica di mattoni: deve prenderli roventi dalla fornace e disporli a raffreddare sulle mensole. E’ un lavoro pesante, ma più retribuito. Dopo la morte del padre, a sedici anni, Adriano gioca la domenica sul campetto in terra battuta del quartiere, a piedi nudi. Si mette in luce in un torneo, e nella finale x la prima volta calza scarpe da calcio. Supera un provino: ha un contratto da professionista. In Europa, le prime difficoltà, in Belgio e Portogallo, finché arriva la possibilità di giocare in Italia, in serie C, a Lanciano. Non è solo una storia di sport: è un racconto di vita, di una povertà reale anche oggi nei paesi del Terzo Mondo, che in Occidente non riusciamo nemmeno a immaginare, che sfioriamo con gli occhi indifferenti di turisti. Ferreira Pinto non è un grande giocatore, come Cristiano Ronaldo e Messi, non gioca in club famosi come la Juventus e il Real Madrid. E’ un’ala destra veloce con buone qualità tecniche, come molti brasiliani. In Italia gioca sempre in provincia: Perugia, Cesena, Varese, Lecce. In serie A gioca sette anni con l’Atalanta, la squadra di Bergamo, dove ancora oggi risiede. Difficilmente la biografia di un calciatore è appassionante: è un elenco di partite e di successi, arido come una statistica, scritto da un giornalista ghostwriter. Questo libro è diverso. E’ una bella storia di riscatto attraverso lo sport e di passione: nel 2019, a trentanove anni, Ferreira Pinto gioca ancora in una squadretta di quarta divisione, il Ponte S. Pietro, a pochi Km da Bergamo, e non certo x denaro, dopo una carriera nel calcio professionistico.