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Recensioni Una vita al massimo

Una vita al massimo di Massimo Ferrero, Alessandro Alciato
Recensioni: 4/5

Il mondo la mattina si alza e inizia a correre: verso l’ufficio, la metropolitana, un treno, un cappuccino. Che quando ti accorgi di esserti rovesciato addosso il cappuccino è già notte. E magari hai incrociato anche un bel tramonto, senza vederlo. All’alba dei miei sessant’anni mi sono chiesto: «Ma ’ndo corri, coglione?». E mi sono dato anche una risposta: «Chi si ferma è perduto, Presidente».

Quante vite diverse può vivere un uomo, quante idee possono stare dentro la sua testa, quanti sogni può sognare? Tantissimi, praticamente infiniti, se quell’uomo, anzi, quel Presidente, si chiama Massimo Ferrero ed è nato e cresciuto al Testaccio, “senza arte né parte, da ’na madre che lo lavava cor sapone de Marsiglia come fosse uno straccio, sperando di levargli di dosso l’odore dignitoso della povertà”. Massimo Ferrero, per tutti er Viperetta, di strada ne ha fatta tanta, sempre con irriducibile fantasia, con passione, orgoglio, purezza e geniale incoscienza, passando attraverso un’infinità di lavori fuori e dentro il mondo del cinema. Da quando, da bambino, accompagnava il suo amico Giuliano Gemma a Cinecittà e si nascondeva nelle ceste colme di abiti di scena per respirare l’odore del set a quando, già assistente di produzione, aiutò Dino Risi a girare una scena de La stanza del vescovo in una chiesa che prima di allora era stata vietata a tutti. Fino a sfiorare una parte nel Satyricon di Fellini, a stringere la mano a Fidel Castro (“il Lider Máximo con il Massimo leader”), transitando da alcune perizie particolari nei casting di Tinto Brass... Per arrivare infine al sogno più pazzo e più bello: la Sampdoria, tanto amata che “mi ci volevo comprare una casa a Sampdoria, ma dice che non ci sono, che non è una città, ma io prima o poi la città di Sampdoria la fondo”. Una vita al massimo, scritto con Alessandro Alciato, è un racconto sincero e divertentissimo, il film di un’esistenza incredibile, un inno alla gioia sfrenata in un mondo ossessionato dal politically correct, un dissacrante invito al carpe diem: perché “un libro si può riscrivere, un quadro si può ridipingere, ma il film della tua vita non si ripeterà mai più”.)
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