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DALAI LAMA, La via della liberazione
DALAI LAMA, La via del buddhismo tibetano
scheda di Comba, A., L'Indice 1996, n.10
Molti sono i libri già tradotti in italiano del XVI Dalai Lama Tenzin Gyatso, premio Nobel per la pace 1989. Per lo più si tratta di trattazioni su particolari aspetti dottrinali, commenti ad altri testi, libri-intervista, aforismi, autobiografie. Questi ultimi due volumi contengono invece due esposizioni complessive degli insegnamenti del buddhismo tibetano, presentati da due diverse angolazioni. Il primo, "La via della liberazione", che apre una nuova collana della casa editrice Pratiche dedicata alla "Saggezza", si rivolge a un pubblico vasto. Usando un linguaggio molto chiaro e avvalendosi di aneddoti ed esempi, Tenzin Gyatso illustra aspetti dell'itinerario meditativo buddhista comuni alle diverse scuole tibetane (e non solo a esse): l'integrazione della consapevolezza nella vita quotidiana, i requisiti di un buon insegnante di meditazione, l'utilità della riflessione sulla morte e sugli effetti delle proprie azioni, l'importanza di una motivazione altruistica e della pratica delle sei perfezioni del bodhisattva (generosità, etica, pazienza, energia, concentrazione e saggezza). Il secondo volume, pubblicato con una nota introduttiva di Richard Gere, sponsor dell'edizione americana, riunisce alcune lezioni che furono tenute alla Tibet Foundation di Londra nel 1988. Qui viene esposto molto sinteticamente l'intero complesso dottrinale del buddhismo tibetano, a cominciare dalle "quattro nobili verità" che costituiscono il nucleo dell'insegnamento del Buddha. Lo schema seguito in questo excursus è quello triadico e scolastico della divisione in Hinayana ("Piccolo veicolo"), Mahayana ("Grande veicolo") e Vajrayana ("Veicolo adamantino"). Mano a mano che ci si avvicina al terzo veicolo, il linguaggio si fa più tecnico e l'insegnamento assume un carattere paradossale. A proposito delle discussioni sull'occasione storica in cui il Buddha avrebbe insegnato il tantra, Tenzin Gyatso nota che "quando riflettiamo sugli insegnamenti tantrici, non dovremmo limitare la nostra prospettiva con rigide nozioni di tempo e di spazio" e, in generale, si può aggiungere che una seria pratica del tantrismo richiede l'abbandono della mentalità ordinaria. Solo così si può capire come il desiderio e l'esperienza della beatitudine possano divenire metodi potenti di realizzazione, anziché legare il praticante a una situazione di sofferenza esistenziale. In questo percorso esistono iniziazioni e voti che variano secondo le scuole. L'esposizione del Dalai Lama, che riguarda principalmente l'Anuttarayogatantra della scuola nyingma, permette anche al profano di scorgere le vette raggiunte dalla civiltà tibetana nello sviluppare le tecniche meditative e nel coniugare la pratica con lo studio della tradizione trasmessa fedelmente attraverso i secoli. Non potrebbe apparire più evidente il contrasto fra il complesso panorama delle pratiche tantriche e certe improvvisate semplificazioni moderne, che rischiano di provocare soltanto danni a chi vi presta fede.
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