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Verdi e il suo tempo - Pierre Milza - copertina
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Dettagli

2001
490 p., ill.
9788843019670

Voce della critica

Nell'anno del centenario verdiano appena trascorso, vari interventi, soprattutto di musicologi britannici, sono tornati alla ribalta con una tesi non nuovissima. Secondo questa lettura, il grande bussetano, una delle icone del Risorgimento, sarebbe in realtà un "mito", un'invenzione postuma degli anni successivi alla formazione del Regno d'Italia. Il Verdi del 1848 e del Risorgimento sarebbe non filoaustriaco, ma certo assai più conscio dei propri interessi e della riuscita delle sue opere, e anche assai più prudente e circospetto di quanto il mito non ci abbia fatto credere. Per quanto occorra sempre essere scettici nei confronti delle mitologie nazionali, e rigettare con forza i patriottismi di bassa lega, che nel corso del secolo passato hanno brandito assai spesso Verdi, non ci si accusi di essere troppo tranchant se sosteniamo la radicale fallacia della tesi di un Verdi "neutrale".

Forse il principale merito di questo volume sta proprio nel contestare quest'interpretazione, al tempo stesso guardando a Verdi con le lenti del proprio tempo, cercando il più possibile di non sovrapporre alla sua figura le immagini dei decenni successivi. Non è un caso che tale operazione sia condotta da uno storico dell'Italia contemporanea come Milza. Egli mostra, infatti, le reti e le frequentazioni verdiane negli anni del Risorgimento, gli enjeux politici che l'evocazione di determinati temi portava con sé. Con grande equilibrio, Milza, che è conscio di scrivere una biografia di Verdi, entra ed esce al tempo stesso dal suo personaggio, tracciando i fili che legano il musicista alla società italiana del suo tempo.

Le letture di un Verdi "neutro" presuppongono che le opere liriche e i melodrammi siano solo spettacoli, dispositivi per nulla politici, diventati tali solo perché i postumi li avrebbero caricati di significati. Pure in questo caso si tratta di un'ipotesi da rigettare in toto, frutto tardivo di una vetusta storiografia. La storia culturale, soprattutto anglosassone, ha nell'ultimo ventennio contribuito a rendere meno rigidi certi confini tra discipline diverse, come la storia politica e sociale, quella della letteratura, dell'arte e della musica. Il libro di Milza procede anche qui con un passo apprezzabile, perché mostra un Verdi musicista, sì, ma anche cittadino, patriota, consapevole in particolare del valore politico delle proprie opere. E dell'effetto che esse possono e debbono avere intervenendo sui sentimenti e sulle passioni degli spettatori. Sarebbe stato interessante, semmai, che Milza si misurasse, almeno per alcuni melodrammi che hanno avuto un maggior peso nella sfera pubblica, con l'analisi dell'opera specifica.

Il lavoro di Milza è utile anche nelle parti successive, relative al Verdi del Regno d'Italia. Assai documentato, pur nei limiti di un lavoro destinato a un pubblico largo non di soli specialisti, e soprattutto francese. In tal senso è anche importante che Milza abbia guardato a Verdi con lenti libere da una serie di topoi che hanno accompagnato l'immagine del musicista in Francia fin dal XIX secolo. In particolare per quel che riguarda la presunta "rozzezza" e "volgarità" delle sue opere, che invece Milza mostra essere assai più raffinate di quanto non appaiano. Sembrerà scontato, ma non lo è per il pubblico di un altro paese. La lettura del volume è tuttavia da raccomandare anche agli storici della società e della musica, non tanto per le "scoperte" di materiali nuovi, abbastanza ridotte, quanto soprattutto per alcune ipotesi interpretative che gettano uno sguardo diverso sulla biografia di Verdi e, di riflesso, sulla storia italiana dagli anni trenta agli anni novanta del XIX secolo.

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Conosci l'autore

Pierre Milza

1932

Storico francese. È professore universitario emerito presso l'Istituto di Studi Politici di Parigi. Figlio di un emigrato italiano (suo padre nacque a Bardi) e di una francese, ha conseguito il dottorato in lettere e si è specializzato sull'Italia contemporanea e in particolare sul fascismo. È autore di numerose pubblicazioni che vengono considerate di grande autorevolezza nell'ambiente accademico; tra queste i manuali della collana Initial presso l'editore Hatier, in collaborazione con Serge Berstein. Fino al 2000 è stato direttore del Centro di storia dell'Europa del XX secolo (CHEVS) presso la Fondation nationale des sciences politiques (Fondazione nazionale di scienze poliche).Milza ha realizzato una grande Storia del Fascismo, paragonabile a quella di Renzo...

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