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In Spagna è esplosa di recente un'enorme attenzione verso le modalità della repressione franchista. In molte località, dove il golpe dei generali trionfò subito, si sono scoperte da poco decine di fosse comuni nelle quali furono gettati i corpi dei repubblicani uccisi subito dopo il 18 luglio 1936. Si valutano in circa trentamila questi desaparecidos spagnoli di cui si ignorava il luogo della sepoltura. Nel frattempo si sono condotte molte ricerche locali per determinare quanti fossero i fucilati sepolti, più o meno regolarmente, nei cimiteri di città e villaggi caduti in mano dei ribelli nelle prime settimane. Stime attendibili affermano che siano circa centocinquantamila, prima e dopo la guerra, le vittime dei generali golpisti al di fuori delle operazioni belliche. L'autore usa il termine di "politicidio" per definire questa eliminazione di massa, tenendo conto di un fatto: dopo alcuni mesi di sistematiche uccisioni, i franchisti utilizzarono in modo più razionale i prigionieri di guerra. La lenta avanzata dell'esercito ribelle, quasi mai battuto dalle forze repubblicane malgrado disperate offensive, aveva una logica precisa: permetteva a Franco di sradicare ogni opposizione nelle retrovie e di condurre una vera e propria "pulizia politica" del popolo spagnolo. A partire dal 1937, l'obiettivo non fu più quello di sterminare, bensì di sottomettere, redimere, rieducare.
Rodrigo sostiene che si diede vita a un fitto reticolo di campi di concentramento per realizzare la punizione e la rigenerazione di massa. A più di mezzo milione di detenuti fu concesso il "diritto al lavoro", secondo l'apposito decreto del maggio 1937. La prima fase a cui venivano sottoposti i prigionieri era quella della classificazione: una commissione valutava se l'individuo catturato fosse recuperabile, ostile o di natura incerta. I primi venivano inquadrati nell'esercito franchista, i secondi sottoposti al tribunale militare, gli altri erano destinati ai lavori forzati. L'autore ricorda come i dati personali per la classificazione fossero forniti benevolmente da "entità patriottiche" quali il clero, la Guardia civil, la Falange. I prigionieri lavoratori venivano impiegati in situazioni particolarmente dure, costruzione di fortificazioni e di strade, soprattutto, e in condizioni alimentari e sanitarie insostenibili. In fin dei conti vigeva nel sistema penitenziario, e nella coscienza dei carcerieri, la ferma convinzione che gli sconfitti dovessero scontare la pena con una sofferenza e un'umiliazione al limite della sopportazione. In questo modo fu edificato, ad esempio, il mastodontico tempio della Valle de los Caidos, teatro delle celebrazioni della vittoria franchista e di una presunta pacificazione nazionale. La redenzione e ricattolizzazione degli sconfitti si protrasse nel tempo, anzi si può dire che il regime ne fece un elemento centrale della propria ideologia. Franco fondò infatti la propria legittimità ideologica nella vittoria raggiunta nella guerra civile, guerra che si protrasse quindi ben al di là del 1 aprile 1939. Lo studio di Rodrigo (appositamente scritto per la pubblicazione in Italia), si può ben affermare, riempie un vuoto nella storiografia in lingua italiana e ci conduce nel labirintico universo repressivo della lunga dittatura nazionalcattolica.
Claudio Venza
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