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recensione di Ferrero, G., L'Indice 1998, n. 2
Nato da genitori ebrei comunisti, impegnati nella lotta al nazismo, internati poi nel lager di Dachau, Robert Schindel è un portavoce di quella generazione che, cresciuta a ridosso del secondo conflitto mondiale, contrappone la necessità del ricordo al diffuso processo di rimozione collettiva del passato.
Ambientato nella Vienna degli anni ottanta, il romanzo affronta il tema della responsabilità e della memoria, sullo sfondo disincantato e snob dei caffè viennesi, nella cui pigra atmosfera si incontrano letterati ebrei e non, ognuno con la propria vicenda personale, la noia, le frustrazioni, gli amori, gli interessi politici e letterari: Daniel Demant, lettore editoriale ebreo, figlio di genitori rifugiatisi in Francia e attivi nella resistenza contro Hitler; Christiane, protagonista di una tormentata storia d'amore con Daniel; Katz, bancario ebreo, oppresso dal pensiero del tormento interiore della madre sopravvissuta a tre anni di prigionia a Birkenau; e infine Sachs, redattore culturale di un giornale liberale di Amburgo, figlio di un eminente giurista nazista impiccato come criminale a Norimberga.
L'emblematico titolo del romanzo - non corrispondente, tra l'altro all'originale tedesco - riprende una parola ripetuta inconsciamente proprio da Konrad Sachs nel corso degli incubi che da anni lo tormentano e impressa nella sua memoria in quanto associata all'odiata figura del padre, governatore generale della Polonia durante la seconda guerra mondiale: "uwaga", in polacco, significa "attenzione" nel senso di "prudenza". Il passato piomba sull'addormentata città di Vienna nei panni di un ex SS, ricercato da oltre vent'anni e riconosciuto a un tavolo di ristorante da una vittima, Karl Ressel, stroncato poco dopo da un infarto. L'unico testimone d'accusa, Hermann Gebinig, esule in America e ormai dimentico di patria e lingua, viene chiamato in causa dalla figlia di Ressel per deporre contro l'aguzzino, assolto al termine del processo: ennesima conferma della mancata denazificazione avvenuta in Austria e del permanere di sotterranei elementi di antisemitismo e di intolleranza. In una struttura composta di numerose schegge narrative e basata su di un continuo slittamento prospettico, l'autore costruisce una tessitura linguistica dinamica e variegata, tra termini yiddish e una parlata allusiva, ironica, non priva tuttavia di un certo lirismo.
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