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Anno edizione: 2016
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«L’analisi delle utopie sociali presentate in questo libro comporta, in maniera implicita, l’atto d’accusa e la critica di quei due ‘cattivi’ dei nostri tempi che sono: ‘lo Stato mafia’ e la ‘mafia dei media’ (stampa, televisione ecc.). L’esistenza di uno Stato mafia deriva dall’impossibilità di conservare la forma dello Stato democratico classico non appena le sue dimensioni oltrepassano certi limiti, e la ‘mafia dei media’ ne è una diretta conseguenza, a causa dell’impossibilità della comunicazione globale (mondiale). Internet può essere portato ad esempio del fatto che questa impossibilità non è il risultato di difficoltà tecniche ma deriva invece dalla fondamentale inabilità umana alla comunicazione generalizzata (di tutti verso tutti). Il fallimento di queste due utopie generose, la democrazia e la ‘comunicazione globale’ tra gli uomini, comporta logicamente il formarsi di mafie che agiscono in nostro nome, contro i nostri interessi.
Oltre che un atto d’accusa questo libro vuole contemporaneamente essere un atto di incoraggiamento: l’individuo va incoraggiato a non dare il proprio aiuto né il proprio tacito consenso a queste due mafie. Non è un invito alla rivoluzione, bensì un invito alla resistenza». (Dall’Introduzione)
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da "Arch'it" 8-10-2003 << [...] Friedman costruisce analiticamente uno scenario in vacuo nel quale l’intero sistema sociale è costruito su una unità di base intellegibile che è l’individuo e la sua capacità di comunicare con gli altri e dunque di stabilire una società nel senso concreto e originale del termine, ovvero come un insieme di esseri umani e oggetti collegati da un sistema di influenze esercitate solamente attraverso la capacità comunicativa dell’individuo stesso. Per questa ragione Friedman propone la formazione di piccole comunità, denominate Gruppo Critico, nelle quali possa prendere forma questa economia della comunicazione. Aldilà del giudizio che si può esprimere su queste scelte affatto discutibili, l’ipotesi appare assolutamente radicale e sopratutto comprensibile e perciò per definizione inapplicabile in un mondo che ha fatto del compromesso e della mistificazione la ragione stessa della sua sopravvivenza. Ma è proprio questa assolutezza, a mio avviso, la straordinaria qualità del libro; assolutezza nel suo non ricorrere alle facili scorciatoie della rassegnazione sociale, della demagogia con la quale si affermano le ragioni del pragmatismo ma anche del fascino discreto dell’utopia intesa come un accattivante e generico apparato retorico di tutto ciò che è “nuovo” e “giovane”. Ciò che Friedman propone, in sostanza, è una assiomatica della società la quale presuppone, in primo luogo, lo stream of consciousness di ciascun individuo (un concetto che sicuramente scandalizzerà molti in tempi di relativismo sociale assoluto); una assiomatica che presuppone un progetto che non si risolve nella sua semplice illustrazione ma nella sua spiegazione razionale la quale riconosce al progetto stesso non uno statuto normativo, ma il ruolo di mental habit, di consapevolezza critica da applicare, di volta in volta, nei casi più specifici>>
“L’analisi delle utopie sociali presentate in questo libro comporta, in maniera implicita, l’atto d’accusa e la critica di quei due ‘cattivi’ dei nostri tempi che sono: ‘lo Stato mafia’ e la ‘mafia dei media’ (stampa, televisione ecc.). L’esistenza di uno Stato mafia deriva dall’impossibilità di conservare la forma dello Stato democratico classico non appena le sue dimensioni oltrepassano certi limiti, e la ‘mafia dei media’ ne è una diretta conseguenza, a causa dell’impossibilità della comunicazione globale (mondiale). Internet può essere portato ad esempio del fatto che questa impossibilità non è il risultato di difficoltà tecniche ma deriva invece dalla fondamentale inabilità umana alla comunicazione generalizzata (di tutti verso tutti). Il fallimento di queste due utopie generose, la democrazia e la ‘comunicazione globale’ tra gli uomini, comporta logicamente il formarsi di mafie che agiscono in nostro nome, contro i nostri interessi. Oltre che un atto d’accusa questo libro vuole contemporaneamente essere un atto di incoraggiamento: l’individuo va incoraggiato a non dare il proprio aiuto né il proprio tacito consenso a queste due mafie. Non è un invito alla rivoluzione, bensì un invito alla resistenza.” (dall'introduzione)
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