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L' uomo che pende - Thierry Metz - copertina
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L' uomo che pende - Thierry Metz - copertina

Dettagli

2001
5 gennaio 2007
32 p., ill.
9788887741209

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Scendono fra gli uomini come fuscelli respinti, tramonti strani verso cui nessuno alza gli occhi. Scendono come intrusi scansati presto, anonimi ospiti di un mestiere senza fama. Eppure, da quella ruota per figli abbandonati, la Poesia se li prende, e li svezza e li accudisce come le sole creature del suo alto mandato. Non importa poi se si finisce in manicomio, giacché i poeti sanno che è sempre la parola la loro unica branda, il grembo di un'esattezza morale che anche fra mura recluse respira in un Oltre che è senza correzioni, e che pur tormentandoli con bollenti aghi di domande sa almeno liberarli nel sembiante di un verso perfetto: "L'uomo che pende si piega per scrivere, per trattenere, forse, quel che era più piegato di lui. L'uomo che pende è un essere in cordata. In cordata ma non legato". E' così che si donano le ruvide mani di un manovale fra gli adagi di questo quadernetto, perla di istanti uguali a dolorose epifanie carezzate: "Ogni volta bisogna estrarre le parole da dove sono. Poi farne una lingua". Non si è meno guariti da lucidi, e il tratto in ombra che domina la psiche è simile a un timone brevettato dal caso. L'istinto forse è l'unica dote certa, e può assai più che le vaghe certezze di una lucida presa. Si arriva così a grandiosi e soffocanti dilemmi: "Come abitare un: tu sei? Provo a far entrare l'uomo che sono diventato nella casa dell'incontro e del restauro. Se non è lui tutto intero, almeno le sue mani e il suo volto. Tutto non entrerà". Schegge di giornata aperte al vento di una sensazione, lembi di un io scisso e segregato ma sempre in grado di incantare di colpo già con mezza intuizione: "Scrivo con quello che mi resta, fra il pollice e l'indice, in un pizzico di stelle. Poichè anche se si conosce la casa, non si sa dov'è andato l'abitante". Inferi senza luce prevarranno alla fine, lame di sconforto e finestre sbarrate ai bordi del respiro. Assolverà ogni suo compito ammazzandosi a 40 anni. E la Poesia, madre clemente, lo ha assolto.

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alida airaghi
Recensioni: 5/5

Raccolta di un centinaio di piccoli brani narrativi annotati durante il ricovero al centro ospedaliero di Cadillac, nel padiglione Charcot. Metz racconta in uno stile sobrio e quasi documentaristico la sua degenza tra medici, infermieri, malati psichici impegnati in diverse maniere al recupero di una parvenza di vita sana e socialmente reintegrata. Con questo proponimento apre il suo diario: “È l’alcol. Sono qui per svezzarmi, ridiventare un uomo di acqua e di tè. Considero i giorni che vengono con tranquillità, da lontano, ma attento. Devo uccidere qualcuno dentro di me, anche se non sono troppo sicuro di farcela. Tutta la questione è di non perdere il filo. Di legarlo a ciò che si è, a ciò che sono, scrivendo”. Consapevole della problematicità della disintossicazione, registra i suoi fallimenti, le ricadute, le paure: “Lentezza, confusione talvolta, dovute al trattamento che ricevo. Ne ho coscienza come un tuffatore o un alpinista. E ne ho bisogno. Mi sbarazzo di un’ebbrezza con un’altra, di una morte con un’altra morte, del vuoto con il vuoto. La mia voce contraddetta non passa, per il momento, che attraverso queste vie contrastate d’eclissi”. E ancora: “Ogni parola mi affanna”. Registra amaramente lo scandire di ore tutte uguali, tutte sorvegliate e amorfe: “Ogni mattina è l’inventario, il giro delle camere. Ci si saluta… Si rifà il letto. L’erba cresce, gli uccelli passano ma tutto quello che è detto non offre alcun passaggio. Allora si aspetta il caffè e il pane davanti a una porta. Solo gli orologi hanno il tempo di avere tempo”. La sua consapevolezza del baratro in cui sta per precipitare rimane lucida, disincantata, come la cognizione filosofica dell’irriducibilità del reale all’espressione verbale: “Il linguaggio non ha senza dubbio d’accessibile che l’indicibile. E l’indecifrabile. L’accesso non è dentro né fuori. Introvabile e tuttavia qui. L’impercettibile è la nostra sorridente complicità”. Si ucciderà a Bordeaux il 16 aprile del 1997.

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