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Le undici virtù del leader. Il calcio come scuola di vita - Jorge Valdano - copertina
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Le undici virtù del leader. Il calcio come scuola di vita - Jorge Valdano - copertina

Descrizione


"Questo è il libro di uno che crede nell'uomo, che ha fiducia nello sport e guarda al futuro con speranza. [...] Il calcio è un gioco potente che costruisce ponti con la società, la cultura, la comunicazione e, come cercherò di dimostrare attraverso molteplici esempi, anche con il mondo dell'impresa. La mia intenzione è quella di sfruttare le esperienze in ambito sportivo per parlare di leadership, lavoro di squadra, motivazione e tutto ciò che anima una squadra di alto livello. So benissimo che lo sport non ha la forza sufficiente per cambiare il mondo. Non è quello il suo proposito. Ma ho la certezza che lo sport possa spiegare l'essere umano e, in particolare, quegli stimoli che lo attivano per superare le sue sfide. Ogni gioco di squadra trasformato in spettacolo è un grande simulatore della vita che mette alla prova i limiti individuali e lo spirito collettivo, così come le nostre paure." Prefazione di Gianni Mura.
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Dettagli

2014
28 agosto 2014
Libro tecnico professionale
157 p., Brossura
9788876384127

Voce della critica

  Imbattendosi in libreria in un titolo del genere, il lettore si aspetterebbe un manuale ricco di grafici, frecce, diagrammi, anglicismi alla moda e parolacce come "implementazione", oppure uno di quei distillati dell'antica saggezza cinese, venduti come miracolosi ricettari per occidentali stressati. E probabilmente passerebbe oltre, se nella parte alta della copertina non scorgesse, tirando un sospiro di sollievo, il nome dell'autore, Jorge Valdano. Che è stato un attaccante di livello internazionale, un allenatore e un dirigente sportivo, ma soprattutto un divoratore di libri, virtù che nel mondo del calcio confina con la sovversione, e uno dei pochissimi ex calciatori ad aver saputo conquistare una credibilità come scrittore. Nei suoi libri si sforza di recuperare l'umanità che la sferomachìa (così la chiamava Giovanni Arpino) ha perso nella mutazione genetica da sport a ramo dell'intrattenimento televisivo, difendendo il primato dell'etica su "quel fondo di fascismo che si annida dietro la filosofia del risultato, tipico di gente che divide il mondo in dominatori e dominati". Argomento ripreso in Le undici virtù del leader e rilanciato nell'ottica del capo, del motivatore, della guida, chiamato a condurre un gruppo di persone al conseguimento di un risultato. Persone, appunto: l'ambito sarebbe quello della gestione strategica delle risorse umane, ma Valdano insiste sui sogni, sulla passione e sull'onestà necessarie per raggiungerli, sull'autorità morale che non appiattisce le differenze ma valorizza le individualità, e soprattutto sulla felicità come fine ultimo. Ecco perché ai tanti allenatori che lo invitavano urlando, col machismo tipico di certi ambienti, a tirare fuori gli attributi (il calcio, sostengono i maschi alfa, non è uno sport per signorine), il giovane Valdano preferiva César Luis Menotti, che gli raccomandava di tirare fuori tutti i suoi sogni: "In ogni caso, parlo dei sogni come del territorio abitato da un anticonformista, non da un illuso".E anticonformista lo è davvero Valdano, quando associa il sogno alla fatica e alla correttezza: "Il problema non è vincere con ogni mezzo, ma accumulare meriti sufficienti per poter ottenere il successo". Prima ancora della meta, avere estrema cura del modo in cui si viaggia. Un appello ai valori che rischia di impaludarsi nel libro dei buoni propositi non attuati, se è vero che le cronache sportive, finanziarie e politiche registrano scorciatoie, sotterfugi, illegalità, in nome del risultato, "l'unica cosa che conta", mantra esibito con orgoglio insieme a discutibili carenze etiche. A tale proposito, Valdano ricorda nel primo capitolo l'exploit di un allenatore argentino, il quale, invitato a esporre il suo punto di vista sullo sport a un gruppo di bambini, pensò bene di esordire domandando chi avesse scoperto l'America dopo Colombo, per poi osservare con soddisfazione che la storia ricorda solo chi è arrivato primo: "Il ministro dell'Istruzione è solito raccontare l'episodio senza riuscire a togliersi un dubbio trascendentale: ridere o piangere. Io sceglierei di piangere perché, lo ripeto, ridere di questo genere di uscite è un'irresponsabilità che ci rende complici". Valdano è più efficace quando accompagna le sue intuizioni con l'aneddotica che quando si distende nel ragionamento, ma dà il meglio di sé, come ha già dimostrato nei libri precedenti, nell'ironia e nella precisione chirurgica con cui fa il prezzo ai protagonisti del calcio moderno. Alcuni ritratti sono talmente indovinati da spingere Gianni Mura, nella prefazione, a suggerire di raccoglierli in un volume. Di Carlo Ancelotti, troppo signorile per il calcio italiano, Valdano scrive: "Vince o perde con la stessa tranquillità, non si rende mai ridicolo nel tentativo di giustificare l'ingiustificabile e non mostra neanche per un secondo il cattivo gusto che accompagna la demagogia. Un allenatore straordinario e una persona normale".Su Balotelli osserva: "I voti calcistici generali si abbassano per colpa di alcune frivolezze psicologiche che in alcune occasioni lo collocano a metà tra un bambino capriccioso e un attore scadente".E c'è tutto Fabio Capello in queste poche parole: "Credo che se lo abbandonassimo per un anno in una caverna piena di serpenti, al ritorno lo troveremmo sano e salvo". Ma il vero epitaffio è l'elegante stilettata all'indirizzo di José Mourinho: "Se Guardiola è Mozart, Mourinho è Salieri: sarebbe un gran musicista, se non esistesse Mozart. Si tratta di un vincente, che ama molto di più il risultato del gioco. Insegue la vittoria in modo ossessivo ed esercita una leadership dominante che richiede un'autentica esibizione di potere. Possiede un grande fascino mediatico, che quando vince lo trasforma in un eroe, e quando perde in una caricatura". Come Valdano avesse scritto il libro per lui.   V.

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