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Gli ultracorpi - Enzo Mansueto - copertina
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Gli ultracorpi - Enzo Mansueto - copertina

Descrizione


Giocando col topos abusato de "L'invasione degli ultracorpi", Enzo Mansueto apparecchia un paesaggio poetico inquietante e rovinosamente allegorico.
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Dettagli

2006
23 gennaio 2006
32 p., Brossura
9788888413433

Valutazioni e recensioni

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Gianpaolo G. Mastropasqua
Recensioni: 5/5

Anche questa seconda raccolta è permeata da una potenza ritmica spietata ed incessante, un'analisi cruda e sonora sul virus massificante ed azzerante delle coscienze che continua a mietere vittime in maniera sempre più subdola; un'inchiesta poetica su questo ludismo demagogico mediatico e schermante che vuol sostituirci <<dentro a mano a mano>>per renderci spettatori inermi, consenzienti e paganti in questa macchina dal serbatoio infinito di proprietà di quel "sovrano qualunquismo dilagante" intento ad ipnotizzarci per poi ucciderci col sorriso ebete sulle labbra, fino allo spegnimento neuronico globale. Un libro di denuncia e resistenza questo, dove Mansueto come un rapper metropolitano e raffinato della poesia, non disdegna né l'uso delle forme metriche classiche, né della rima, né dei rimandi alla tradizione, né all'impianto di modi e costrutti dialettali, ma anzi riconfigura il tutto in un'ottica personale,attraverso una freddezza chirurgica necessaria e terapeutica alla diagnosi:per indagare a fondo il fenomeno, difatti, utilizza la mimesi con gli ultracorpi stessi, internalizzandoli per meglio internalizzarsi egli stesso all'interno del sistema, per meglio cogliere l'essenza del processo invasivo; il poeta proprio in quanto capace di vivere in rapporto simbiotico con l'ospite, ne può descrivere le caratteristiche esclusivamente parassitarie per denudarle. La prima parte della raccolta, che potrebbe apparire ad un occhio profano una seguenza di microtesti minimalisti, in realtà è tutta parte di un intero organismo poematico che viene assemblato e focalizzato cellula per cellula, canale per canale, organo per organo, in un processo simil-omeopatico di matrice aristotelica (superare le negatività somministrando piccole dosi di negatività, fino ad immunizzarsi catarticamente del tutto, gocce di veleno per vaccinarsi nel tempo da ogni attacco). Uno dei meriti di Mansueto è quello di andare oltre la letteratura, di vivere cercando di conoscere il mondo nella totalità dei suoi segni e dei suoi sintomi divoranti.

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Antonio Prete
Recensioni: 5/5

"Infine vorrei dire di un volumetto apparso nella collana di poesia delle edizioni d’if, Ultracorpi, di Enzo Mansueto. I testi poetici muovono dalla descrizione nitida di oggetti verso una modulazione epigrammatica, instaurando un vedere liberato dal dominio dell’io e dai residui di liricità. Un vedere che trascorre in un mondo di corpi virtuali, di cyborg, di elettronici bagliori. Un mondo di irredimibile pervasiva invasione della tecnica. Il verso è percussivo, rifugge dal movimento largo, accoglie pause, interruzioni, frantumazioni, disturbi sonori, infine piega la sonorità della tradizione verso un dettato straniato. Somiglia a un lampeggiare di segnali che muovano da altri mondi. Con un risultato sorprendente: un equilibrio misuratissimo e sapiente di musica e ironia, di allucinata rappresentazione post-umana (il post-umano già oggi presente in grigia orrorifica domesticità nazionale e globale) e parodica esplorazione anatomica del corpo. E questo corpo, oggetto del dire, diventa, con singolare e riuscita metamorfosi, corpo poetico: anch’esso post-lirico, inclusivo però di un gioco delle rime, molto abile nell’uso dell’endecasillabo. Tutto questo disloca la poesia in un punto neutro, in una contemporaneità consapevole della sua storia e tradizione diventata detrito, citazione, maniera, fossile. Interessante il lavoro sulla lingua: nelle rime al mezzo, allitterazioni, assonanze, nelle fusioni lessicali. Efficace l’atmosfera “elettronico-artificiale”. E, pur nella breve sequenza, trova posto illuminante un leopardiano-antileopardiano inno ad Arimane". da "Liberazione", 21 giugno 2006).

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Vittorino Curci
Recensioni: 5/5

Come l’orafo protagonista del film “Primo amore” di Matteo Garrone, anche Enzo Mansueto sembra ossessionato dal desiderio di bruciare tutto il superfluo. Persino dal punto di vista tipografico, questo libricino di piccolo formato, e di sole 32 pagine, fa pensare a una ricerca quintessenziale, depurata da ogni tipo di scorie. Una direzione simile può persino risultare sovversiva perché, a cominciare dal ritmo dei versi, che è l’aspetto forse più appariscente di questi “Ultracorpi”, va a sovvertire i canoni più diffusi del moderno mainstream poetico. Ma questa volta il minimalismo non c’entra niente, siamo di fronte a qualcosa di diverso: “E ti trascini a casa che è già sera. / Nella topaia elettrica. Già stupido. / Affidi il corpo esausto ai raggi cupi. / Verso schermo, stai. Fermo, stai. La sclera / si estende a invaginarti porco il corpo. / A poco a poco piaga. / Lo spasmo impercepibile dilaga”. Rispetto al libro precedente di Mansueto (“Descrizione di una battaglia”, Scheiwiller 1995) devo dire che “Ultracorpi” mi ha prima smarcato e poi appassionato, non solo e non tanto per la violenza dei suoi asfittici paesaggi urbani quanto per la precisione chirurgica con cui ogni parola, ogni sillaba sostiene il progetto poetico. Nel “distrutto / paesaggio del disastro” Mansueto dà corpo a una poesia scattante e compatta dove, in una luce scalcinata e artificiale, può accadere che “quello del camion quello appeso dietro / coi guanti zozzi grossi aguzza il senso, / sente che quell’involucro è più tetro”. Ed è questo che sentiamo anche noi lettori, impiastricciati dagli orrori quotidiani dei tg e impaludati nei grumi e negli spasmi elettrizzanti di questo libro. Mansueto batte con intelligenza e conquista alla poesia strade nuove. Quella che un tempo fu la pura “descrizione di una battaglia” oggi, con questa spietata invasione di ultracorpi, è diventata una vera e propria battaglia. A volte si aspetta anni per leggere un libro come questo.

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