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Ultime isole

Dettagli

1992
10 febbraio 1992
160 p.
9788831756266

Voce della critica


recensione di Maramieri, G., L'Indice 1992, n. 6

Quel gusto della lettura che si accompagna all'idea di fuga verso territori in cui è possibile vivere suggestioni altrimenti negate nell'esperienza quotidiana, trova negli ultimi racconti di Paolo Barbaro una conferma che va oltre il comune senso della letteraria avventura: Ammiana Basilia, Costanziaca, Isola dei Mani, Eraclea... sono i nomi mitici "senza più terra di riferimento" delle isole sprofondate, nomi carichi di magia, duri a morire, tanto che ognuno nella laguna "parla della sua isola perduta come se continuasse a vederla", come se il significato di ogni esperienza consistesse nel mantenere intatto il senso dell'avventura, nel coniugare i ricordi veri al luoghi ormai immaginari i cui nomi sono "sovrabbondanti sulle cose reali". Al culmine di una macerata ricerca espressiva in cui si stemperano esperienze insolite nella formazione umanistica del letterato medio italiano, lo scrittore veneziano d'adozione riprende in "Ultime isole" l'inconfondibile timbro delle prove d'esordio ("Giornale dei lavori", 1966 e "Libretto di campagna", 1972, pubblicati entrambi da Einaudi) che lo ascrissero subito all'ambito di quella speciale narrativa amata da Vittorini, innestata in un altro mestiere, animata dal sangue vivo di materiale "spurio" assolutamente originale e, nel caso di Barbaro, contrassegnata dalla precoce intuizione chee la tecnica rappresenti "nel bene e nel male, l'avverarsi di tutti i nostri sogni e incubi": da qui, la responsabilità dell'uomo di gestire la paura della morte, di convertire l'incubo in sogno, attraverso la conquista di nuovi territori del sapere, nonostante la storia dell'evoluzione umana sia disseminata "di isole pronte ad affiorare, travolgere e sparire". E i primi romanzi di Barbaro traevano forza dalla vita dei cantieri dove l'autore ha esercitato per anni la professione di ingegnere.
Costruiti sulla base di articoli scritti per "La Stampa" nell'arco di cinque anni (raccolti in "Lunario veneziano", 1990), le storie di "Ultime isole" - tre racconti intervallati da due parentesi di riflessione aperte dalla viva voce dell'autore - grondano della contraddittoria bellezza del paesaggio di laguna e, soprattutto, dell'incessante ricerca, ad opera delle bizzarre creature che la abitano, di un punto fermo da cui osservare il flusso del marea: in "Settesabbie" tutto è avvolto nel velo di incertezze giovanili dei due protagonisti che, solo imparando a lacerare la nebbia protettiva del mondo incantato dell'isola, trasformano l'incarico di riparare un faro andato distrutto nella seconda guerra mondiale e l'incontro con le due figlie del vecchio guardiano del faro, in preziosa occasione di crescita personale; i labili confini dell'isola ("l'acqua penetra tutto, poveri noi"), l'oscillante umore di Aurora e Betta diventano così l'esatta rappresentazione di un'età in cui sogno e realtà possono talvolta coincidere.
Le immagini a cui Barbaro ci ha abituati conducono a una sorta di smarrimento visivo dove alla concretezza dei fatti, su cui poggia il tessuto della storia, fa da controcanto l'indeterminatezza della visione, il progressivo svelarsi delle cose nell'incerta luce dell'alba o del tramonto. Anche in "Isola delle polveri" il mondo evocato si illumina non appena il sole si spegne, lasciando emergere un ordito narrativo irregolare dalla cui trama filtra in controluce la fisionomia di strane creature "anfibie", eternamente "divise tra terra e acqua". Nell'effimero scenario della laguna, dove ogni evento, nel continuo mescolio tra liquido e solido, si svolge sul filo del transitorio, non appare dunque strano il successo dell'operazione sponsorizzata da una multinazionale con cui l'isola viene sollevata di venti centimetri per mezzo di potenti macchinari. Ma questo fantasioso intervento tecnico non costituisce l'unica sorpresa del libro. Passeggiando sul filo rosso della memoria dell'autore, può capitare infatti di incontrare il pittore dal doppio sopran nome Canaletto-La Guardia, che vive lungo i canali facendo ritratti ai turisti, se invece si prendono le calli, ci si può imbattere in Fortunato Goldoni, poeta strampalato che stampa da sé i suoi versi, oppure nella folcloristica schiera di personaggi minori della Venezia di Barbaro, tutti contrassegnati dalla maschera concreta del soprannome, eppure sempre sul punto di cambiare i connotati. Ma il tipo che forse meglio incarna le prerogative mimetiche di questa speciale natura dal "moto ineluttabile tra grigi solchi melmosi" è il protagonista "perfettamente mimetico" di "Tutta una vita": Valerio, "uomo, gatto, pesce, uccello" che si confonde "ora cogli olmi, ora coi gelsi lagunari", in una fusione panteistica da cui riaffiora il mistero della vita pretecnologica, un'età preumana in cui "le creature del cielo e del mare, e con loro i ragazzi e le ragazze, si confondevano in un'unica vita: spinti da una tremenda energia che correva dagli uni agli altri...". Una "vigorosa" concezione dell'esistenza, che in molte pagine si unisce all'appassionata difesa delle forze primigenie dell'uomo, all'irriducibile tendenza avventurosa a spingersi "oltre" con la forza dell'intelligenza spesso mortificata, invece che potenziata, da un impiego non selezionato della tecnica. Ma forse non tutto è perduto: proprio da un luogo dove sta crescendo un'orrenda foresta di scarichi industriali, può partire la conquista di un'era nuova, il canto futuro dell'uomo in cui sembra, come giustamente dice Mario Luzi nell'introduzione, "che l'arpa suoni da sola per effetto di una brezza sottile che è come il vento del mondo"

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Conosci l'autore

Paolo Barbaro

1922, Mestrino

Paolo Barbaro (Mestrino, Padova, 1922 - Venezia 2014) è stato uno scrittore italiano. La pagina austera dei primi libri (Giornale dei lavori, 1966; Le pietre, l’amore, 1976), in cui riversava le proprie esperienze di ingegnere giramondo, è andata via via arricchendosi di umori romanzeschi: Malalali (1984), Diario a due (1987), Una sola terra (1990), La casa con le luci (1995), Con gli occhi bianchi e neri (2000), Il paese ritrovato. Ritorno ai Ronchi (2001), L'ingegnere, una vita (2011) e Cari fantasmi. Frammenti per un'autobiografia (2013). Ha vinto i Premi Buzzati, Comisso, Flaiano, Pisa, Teramo, per tre volte il Premio Selezione Campiello e per due volte è stato finalista del Premio del Pen Club italiano.

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