Uccidi il coniglio bianco

Una piccola matrioska letteraria potrebbe definirsi il terzo romanzo, il cui intreccio, proprio del giallo, racchiude ed è a sua volta racchiuso nei tratti più tipici del romanzo di formazione, alternati con grande maestria ai toni e gli stili ora della commedia, ora della dissertazione filosofica, ora del romanzo psicologico. La trama avventurosa, ricca di personaggi a cui affidare di volta in volta il compito di tratteggiare il profilo del protagonista Giulio, è un efficace espediente per veicolare riflessioni sul malessere fisico ed esistenziale dell'individuo, tormentato da un "eccesso di coscienza", nel suo rapporto con la società odierna. La joyciana "paralisi" di Giulio (condivisa dal suo omologo in "Corpi estranei") è interrotta da una imponderata quanto provvidenziale fuga, che appare non tanto come il frutto di un desiderio di cambiamento, quanto piuttosto come una scelta forzata dalle circostanze rocambolesche in cui la sorte lo ha ironicamente gettato. Christian Rovatti ha l'innegabile pregio di traghettare il lettore, attraverso una narrazione agile e piacevole, ricercata e sempre più matura, verso riflessioni di grande peso concettuale, riguardanti l'arte, il trascendente, le piccole miserie piccolo-borghesi, la vita di coppia, l'inettitudine, le dipendenze, il ramificarsi della mentalità consumistica in ogni aspetto della vita e dei rapporti umani. Il tutto sullo sfondo della perdita del vecchio Io e del viaggio verso un nuovo porto sicuro: quello della propria autentica identità.