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Descrizione


Turbamento e disagio hanno insidiato da sempre ogni scelta umana, nelle relazioni dei soggetti con il mondo, con gli altri soggetti, con l'insieme sociale. E la letteratura ha sempre cercato di dar voce al dolore, all'infelicità, alla deviazione, alla rottura, all'assenza, all'impossibilità; ha sempre interrogato il senso del malessere psichico, anche in quelle forme estreme (dalla nevrosi alla follia) che sono state oggetto di cura da parte della psichiatria moderna. Nel nome del grande psichiatra e scrittore Mario Tobino, questo volume (che raccoglie i saggi presentati al convegno Il turbamento e la scrittura, tenutosi a Lucca nel dicembre 2008, curato dalla Fondazione Mario Tobino) propone, con l'intreccio di voci diverse - e con tre contributi di scrittori contemporanei -, una fitta e problematica riflessione sui modi in cui il turbamento e il disagio psichico vengono percepiti, compresi, interrogati, vissuti sia nel quadro clinico che nello spazio della letteratura: nella convinzione che nel rapporto di conoscenza e di cura con la malattia e con i suoi diversi gradi un rilievo imprescindibile tocchi alla parola e al linguaggio, nelle loro molteplici forme e possibilità.
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Dettagli

2010
5 aprile 2010
208 p.
9788860364913

Voce della critica

Nel libro, "turbamento" sta a indicare la malattia mentale, la follia. Preferire questo termine ad altri, magari più referenziali e anodini, non corrisponde a una civetteria lessicale o a una mitigazione eufemistica, ma restituisce un preciso punto di vista sul disagio psichico. Il volume raccoglie infatti le relazioni presentate a un convegno organizzato nel 2008 a Lucca dalla Fondazione Tobino e da questo trae il titolo. Come mostrano i suoi scritti, Mario Tobino, da psichiatra fenomenologo ante litteram, sa che il disagio psichico è l'espressione particolare di una personalità lesa più che una patologia suddivisibile in classi diagnostiche.
Adottando tale prospettiva, un gruppo di saggi che compongono il volume indaga la follia alla luce della letteratura (da Guido Paduano con la tragedia classica a Raffaele Manica con Ottieri, passando per Hölderlin e Celan trattati da Camilla Miglio, Bernhard da Roberto Gigliucci, Baudelaire da Adolfo Pazzagli, Pirandello da Domenica Perrone, Fiore e Samonà da Salvatore Ferlita, Ramondino da Beatrice Alfonzetti, sino a Consolo e Bufalino interpretati da Claudia Carmina), della critica (è Alfonso Berardinelli a ricostruire i riferimenti che portano Giacomo Debenedetti a stabilire il personaggio "scisso" come centrale nel romanzo novecentesco) e della filosofia (Nietzsche e la disseminazione del soggetto trattata da Katia Rossi), riconoscendo la malattia mentale spesso come il propulsore della scrittura e anche come uno dei motivi più reinterpretati dalla tradizione letteraria (il saggio di Giulio Ferroni ripercorre e sintetizza la tematizzazione della pazzia in letteratura, dalla latinità a oggi).
Altri contributi presentano invece, da angolature diverse, la figura di Mario Tobino: la psichiatria come scienza umana e tecnica d'ascolto (Eugenio Borgna), i romanzi come documento della vita in manicomio e della pratica medica (Graziella Magherini), la polemica con Basaglia e gli interventi sulle modalità di applicazione della legge 180 e suoi rischi (Michele Zappella e Primo De Vecchis). Chiudono il volume i poeti (Antonella Anedda e Milo De Angelis) e gli scrittori (Marosia Castaldi), che offrono un'ulteriore declinazione, attraverso i loro testi in versi e in prosa, del rapporto fra "turbamento e scrittura".
Il volume costituisce un documento di riflessione importante, sia per quanto riguarda le nuove prospettive che apre sul rapporto tra patologia psichica e opera letteraria, sia perché pone, una volta di più, al centro del dibattito culturale novecentesco un autore, Mario Tobino, ancora in parte incognito. Contributi come Il turbamento e la scrittura, insieme alla necessaria riedizione delle sue opere guidata da Paola Italia per Mondadori, restituiscono all'interpretazione uno scrittore che sino a pochi anni fa veniva, come lui stesso appunta in una pagina di diario, "stimato di sghimbescio".
Raffaella Scarpa

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