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La tua vita e la mia - Majgull Axelsson - copertina
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Descrizione


Dall'autrice di Io non mi chiamo Miriam, un romanzo duro, appassionante, necessario che affronta un altro capitolo scuro nella storia della Svezia moderna.

«Una scrittrice sempre a favore dei deboli. Abbiamo bisogno della sua voce oggi più che mai» - Svenska Dagbladet

«Rispetto le persone che vivono gli inferni che Axelsson racconta, leggerne è una passeggiata. Anzi, quasi un obbligo» - Therese Eriksson, Expressen

Non ci si deve lasciar andare. Non si può strillare e far chiasso e menare botte. Nemmeno quando se ne avrebbe voglia. Nemmeno se si hanno tutte le ragioni del mondo. Non se si nasce donne.

Ex giornalista di successo e vedova solitaria nella sua amata Stoccolma, Märit si trova costretta a tornare a Norrköping, nella casa d'infanzia di cui non sente nostalgia, per festeggiare insieme al suo gemello Jonas il settantesimo compleanno. Un impulso irresistibile durante il viaggio in treno la spinge a scendere a Lund, dove non mette piede da cinquant'anni, e a cercare la tomba dei «malati» di Vipeholm, il grande manicomio in cui finì suo fratello maggiore Lars. Lars-lo-Svitato, lo Sgorbio, come lo chiamavano tutti: di colpo Märit non può più trattenere i ricordi e le domande rimaste senza risposta fin da quel tragico giorno in cui sua madre morì, quando lei era appena quattordicenne, e il fratellone che era sempre stato con loro venne fatto sparire. Perché Märit non riesce ancora a dimenticare, o addirittura a fingere che niente sia successo come tutti a casa hanno sempre fatto? Cosa accadde veramente in quel lontano 1962, quando lei entrò a Vipeholm e scoprì ciò che vi avveniva, domandandosi chi ne portava davvero la colpa, senza poter opporre altro che rabbia e vendetta al muro di solitudine che separava ogni membro della sua famiglia? Con il suo occhio clinico e ipersensibile alle sottili crepe nell'edificio della società svedese, e con la capacità di calarci nei percorsi ad alta tensione emotiva dei suoi personaggi, Majgull Axelsson indaga la fragilità dei legami famigliari in un Paese rigorosamente improntato all'emancipazione dell'individuo. E attraverso la ricerca di verità della sua protagonista affronta un tabù della socialdemocrazia scandinava, risalendo all'epoca della sua fioritura come modello di uguaglianza e solidarietà sociale per dare voce a coloro che ne furono tagliati fuori, privati perfino dei diritti umani.

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Dettagli

2019
20 marzo 2019
346 p., Brossura
9788870916041

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Nadia
Recensioni: 3/5
E la bellezza dei rapporti?

Anche se scritto davvero bene, per me è troppo triste e il bilancio sui rapporti umani è troppo negativo.

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Gregorio
Recensioni: 5/5

Ho trovato questo libro davvero coinvolgente, con la sua scrittura ironica e diretta. La storia raccontata non è semplice da digerire, eppure ho ritenuto ad un certo punto che fosse necessaria, che la vita di chi ha familiari disabili, e la vita dei disabili stessi, abbia bisogno di un’attenta riflessione. Ma il libro non è solo questo : è l’evoluzione della protagonista, la sua crescita, la sua autonomia conquistata a fatica. Mi ha sorpreso davvero, lo consiglio!

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Patrizia
Recensioni: 5/5

Come dal precedente "Io non mi chiamo Miriam" anche da questo romanzo della Axelsson è impossibile staccarsi fino all'ultima pagina. E' un libro duro e cupo, manifesto spietato della condizione dei disabili mentali in Svezia negli anni '60 e che traccia un quadro inquietante delle famiglie che avevano la disgrazia di annoverare tra i loro membri una persona con disturbi del comportamento o dell'intelligenza. Il razzismo nella sua forma più subdola, parte integrante del tessuto sociale anche dei paesi notoriamente considerati privi di inibizioni e di pregiudizi, e causa di ipocrisia e violenza anche tra i membri "normali" del gruppo familiare. Giornalista affermata, l'autrice lascia trasparire la sua abitudine all'inchiesta dalla sua prosa diretta e senza orpelli, parca di parole ma capace di suscitare un grosso coinvolgimente emotivo che accompagna il lettore fino all'epilogo; la narrazione, che si dipana nell'arco di 50 anni, non ha la pretesa di sciogliere nodi o di risolvere conflitti ma solamente di trovare una formula qualsiasi per affrontare i sensi di colpa e sopravvivere al dolore. Una denuncia spietata e una testimonianza preziosa di un passato di cui è necessario prendere coscienza.

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Majgull Axelsson

1947

Scrittrice, drammaturga e giornalista, è una delle più apprezzate autrici svedesi, tradotta in ventitré lingue e premiata con l’ambito Augustpriset. Dopo essersi affermata con inchieste su spinose problematiche sociali, come la prostituzione infantile nel Terzo mondo e la povertà in Svezia, ha esordito con successo nella narrativa, coniugando l’attenzione per le ingiustizie e per le condizioni di disagio materiale ed esistenziale con una grande capacità di calarsi nei destini dei suoi personaggi. È cresciuta a Nässjö, dove si svolge parte della vicenda narrata in Io non mi chiamo Miriam (Iperborea, 2016). Ha scritto inoltre La tua vita e la mia (Iperborea, 2019).

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