Tristessa

Un delirio crescente, una prosa lirica che coincide con lo stato di chi è permanentemente “fatto”, divenendo sempre più disturbata con l’avanzare della vicenda narrata. Una lettura quindi non sempre facile. Stando dall’altra parte della “wild side”, l’impressione che si ha è che ci si debba sentire terribilmente soli nel drogarsi o meglio che l’unica vera compagnia di cui si ha bisogno è la droga stessa. La figura del sessantenne Old Bull Gaines giunto ormai allo stadio finale, ma ancora lucido (che la morfinomania sia così ?), sembra diretta testimonianza di ciò. Più che la Tristessa del titolo, la protagonista del romanzo è Mexico City con la sua gang di derelitti umani venuti in Messico per drogarsi a buon mercato e senza eccessivi controlli. Come facesse Jack Kerouac ad uscire da questi pantani pestilenziali, andare in solitudine su un monte per alcuni mesi e ributtarsi nel pantano di nuovo coscientemente rimane per me un mistero. Mi stupisco anche che il vero dolore interiore, almeno nel romanzo, è il furto di alcune poesie, da parte di alcuni bulli e non la sicura distruzione dell'amata Tristessa.