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Trenta miserie d'Italia - Roberto Roversi - copertina
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Trenta miserie d'Italia - Roberto Roversi - copertina

Descrizione


"Appartengo alla schiera, non folta, convinta non solo che si possa ma che si debba morire per la così detta "patria", itala tellus, Vaterland. Naturalmente, a Maratona, alle Termopili, a Salamina, a Curtatone e Montanara, sul Piave. Obiettano: "Anche adesso che i confini sono scomparsi o fluttuanti come le onde del mare?" Rispondo: "La pace universale è l'utopia sovrana e solenne dei vecchi sapienti, e solitari, assisi davanti alle grotte delle alte montagne. Dunque questo testo è un canzoniere d'amore incattivito da una rabbia rabbiosa per un tradimento che è in atto ma che deve passare." (Roberto Roversi, 2011)
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Dettagli

2011
1 gennaio 2011
64 p., Rilegato
9788897359036

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alida airaghi
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Poemetto in versi liberi, suddiviso in trenta sezioni, in cui l'autore esprime indignazione e dolore per lo stato attuale in cui versa l'Italia, sia in ambito politico sia in quello civile. Partendo ironicamente dallo stereotipo che decanta il nostro paese come sede di bellezze naturali e artistiche inestimabili, subito arriva alla constatazione malinconica di un presente miserevole e stigmatizzabile:"Oggi Italia è al fioco bagliore di disperse candele / piagnucolosa statua di marmo scapotizzato". A questa visione umiliante di un paese corrotto e incapace di risorgere, Roversi oppone il ricordo nostalgico della lotta partigiana e dell'impegno postbellico che lo vide protagonista entusiasta e ribelle. Quale può essere, oggi, il dovere di un intellettuale davanti agli scandali quotidiani, alle ruberie e ai trasformismi, agli attentati, alla mafia che nemmeno eroi come Falcone e Borsellino riuscirono a vincere, al colpevole disinteresse di chi favorisce l'incuria, la cementificazione, l'inquinamento che ammorba le nostre terre? Nello stile quasi declamatorio tipico della poesia civile, punteggiando il tono epico e risentito dei suoi versi con inserzioni prosastiche tratte dalla stampa giornalistica o con affermazioni proverbiali e luoghi comuni, utilizzando metafore rapinose, Roversi a quasi novant'anni ("ho / Italia ottantotto vipere fra i capelli") incitava ancora alla ribellione, alla non rassegnazione: "Fuoco di parole / e guerra sia". Pur consapevole che il nostro è un "Giardino dei ciliegi / diventato foresta frequentata da nani", senza più il conforto di lucidi e coraggiosi intermediari (quali Sciascia, Calvino, Pasolini, Fortini, Volponi, Vittorini), Roversi si è addormentato cinque anni fa con una flebile speranza, e una domanda rivolta all'Italia ormai orfana di illusioni:"Chi vincerà le tue battaglie? / Ancora una volta per te? / Il futuro ti aspetta..."

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Roberto Roversi

1923, Bologna

Roberto Roversi è considerato dalla critica uno dei massimi poeti italiani del Novecento. Il suo primo componimento risale al 1939, all’inizio della guerra, e si intitolava Cavalleria polacca. A sedici anni aveva già a cuore qualcosa – ancora non ben definito, magari -, sentiva che la letteratura aveva a che fare con la vita, doveva averci a che fare.Aveva avuto come compagni, al liceo, Pier Paolo Pasolini e Francesco Leonetti e con loro aveva fondato la rivista Officina. Erano tre personaggi caustici, cui non andava giù la realtà così com’era, per niente, e infatti la rivista chiuse presto: troppo diretta, redattori troppo arrabbiati. Come diceva lo stesso Roversi, «non avevamo fatto ben bene i conti». Ma lo spirito rimase:...

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