Toward the Sea

Nella vasta produzione cameristica di Toru Takemitsu sia il flauto che la chitarra occupano un posto privilegiato, ottenuto attraverso una serie di opere che, composte nell’intero arco della sua vita, hanno arricchito la già vasta letteratura novecentesca dei due strumenti con composizioni di straordinario valore artistico.
Toward the Sea, è l’unica opera del maestro giapponese che unisce flauto contralto (in sol) e chitarra. Scritto nel 1981 in seguito ad una commissione di Greenpeace nell’ambito di una campagna per la protezione delle balene, esso, secondo le parole del suo autore, “…è un omaggio al mare da cui originano tutte le cose ed è un'immagine del mare della tonalità”.
Una frase contenuta nel celebre racconto Moby Dick di Herman Melville, “Meditazione ed acqua sono legati insieme”, ispira i contenuti di quest’opera che è costituita da tre parti i cui titoli sono The Night, Moby Dick, Cape Cod.
Il particolare colore del timbro del flauto in sol ed il frequente uso di particolari diteggiature producono effetti sonori che riportano alla memoria il suono dello shakuhachi, il flauto della tradizione nella musica popolare giapponese, così come la scrittura per chitarra evoca il biwa, l’antico liuto del sol levante.
Scritta nel periodo in cui Takemitsu ritornava alla tonalità dopo una fase dedicata alla composizione sperimentale, quest’opera meditativa ed evocativa, scritta originalmente senza utilizzare le barre di misura, è disseminata di lunghi silenzi, di immagini che sembrano sorgere dalle nebbie marine, di brevi sprazzi improvvisi di colori tenui o abbaglianti, di suoni declamati o appena pronunciati attraverso molteplici e raffinatissime articolazioni, quasi remoti riferimenti al mondo debussiano.
Nel corso di un’intervista avvenuta in occasione della sua tournée europea, Villa Lobos dichiarò: “Io non uso il folklore, io sono il folklore”.L’intera esistenza del compositore brasiliano fu in effetti intimamente ed inestricabilmente connessa con la musica popolare del suo paese: opere come i Chôros, le Bachianas Brasileiras, la musica sinfonica nonché quella cameristica traboccano di temi, di melodie, di ritmi della musica popolare del suo paese. Ma non solo.
Infatti nel 1937 ebbero luogo in Brasile numerose cerimonie ed eventi pubblici organizzati per dare impulso al sentimento patriottico del paese e per stimolare il sentimento di appartenenza alla nazione. Nel corso di una di quelle cerimonie, avvenuta a Rio de Janeiro, fu presentata in prima esecuzione una composizione per flauto e chitarra di Villa Lobos, Motivos Gregos, che includeva per l’occasione anche un coro e un balletto. Il medesimo pezzo venne successivamente pubblicato con il titolo di Distribuição de flores “based upon Greek motifs”. Si tratta dunque di un rarissimo, se non unico, esempio dell’utilizzo da parte del compositore di temi appartenenti a tradizioni musicali di un altro paese.
Questa breve ed evocativa composizione si apre con un'introduzione della chitarra a cui segue una lunga serie di melismi del flauto accompagnati da un semplice accordo ripetuto eseguito sulle corde a vuoto della chitarra e dalla sua successiva trasformazione in un serrato ritmo realizzato secondo la tecnica della tambora, cioè percuotendo le corde all’altezza del ponticello.
Anche nella produzione del compositore americano Robert Beaser la tradizione popolare è costantemente presente specialmente a partire dal 1980 in poi, quando il suo ciclo di Mountain Songs, 8 pezzi per flauto e chitarra (di cui solamente due presenti in questa registrazione), fu pubblicato per la prima volta. Cindy è un vivace movimento che sembra imitare l’accompagnamento di un banjo in perfetto stile country mentre He's Gone Away è una nostalgica ballad con temi tratti dalla musica dei monti Appalachi.
Henri Sauguet, compositore francese che ha attraversato con la sua opera quasi l’intero Novecento, scrisse nella sua autobiografia: “…essere semplice utilizzando un linguaggio complesso non è facile: bisogna ascoltare il consiglio di Rameau che prescriveva di nascondere l’arte con l’arte stessa e credere con Stendhal che solo le anime vanitose e fredde confondono il complicato, il difficile, con la bellezza”.
In questo pensiero si condensa l’estetica dei Six pièces faciles, composti nel 1975. Si tratta di sei brevi composizioni ciascuna delle quali reca un titolo che ne illustra e ne descrive il contenuto. La scrittura è estremamente semplice, quasi come una musica per l’infanzia, con elementari linee melodiche ed altrettanto elementari armonie. Una sapiente economia di mezzi, dunque una semplicità ottenuta attraverso la sottrazione del superfluo, che rende quest’opera una composizione di raffinata, sobria e quasi scarna eleganza e levità.
SIC (1992) di Niccolò Castiglioni, per flauto, ottavino e flauto in sol, appartiene all’ultimo periodo creativo del compositore milanese. Alcuni degli aspetti che avevano precedentemente caratterizzato la sua opera, come ad esempio la predilezione per le tessiture altissime (come nel primo movimento, Presto rigorosamente in tempo), l'ispirazione data dal freddo della stagione invernale «Inverno In-ver per me è una professione di fede!», dichiarò Castiglioni per lettera a Paolo Castaldi nel 1993) e quindi da forme limpide e cristallizzate come fiocchi di neve, vengono a condensarsi in questa serie di cinque preziose miniature.
L’interesse verso la musica del primo Seicento, nato in seguito all’incontro con Giorgio Federico Ghedini che fu suo maestro di composizione, traspare nell’arco dell’intera composizione, attraverso una scrittura che ricorda quella contrappuntistica (come nel 2° e nel 5° movimento) oppure, come nel 4°, quella di un cantus firmus del flauto su cui la chitarra si libera in articolate figurazioni.
Allievo di Dmitrij Šostakovič, Edison Denisov scrisse la Sonata per flauto e chitarra nel 1977, quindi pochi anni prima che l’arte di questo compositore, la cui opera fu apertamente osteggiata dalle autorità sovietiche, ricevesse accoglienza e riconoscimento internazionali.
La Sonata è composta da tre movimenti. Nel primo Dialog, scritto senza barre di misura e con le note del flauto costantemente sottoposte a modifiche della loro intonazione, i due strumenti “conversano” letteralmente tra di loro, dando voce ad un lungo ed articolato recitativo che partendo da un appena percettibile mormorio, raggiunge momenti intensamente declamatori. Nel secondo movimento, Notturno, una melodia del flauto, spesso arricchita da cromatismi, è sostenuta da una semplice serie di terzine della chitarra, modulanti progressivamente a tonalità lontane. Gradualmente la linea del flauto inizia un processo di trasformazione e di variazione realizzato con effetti di frullati, di glissati, di improvvisi salti melodici e di scomposizione dei ritmi in unità sempre più complesse fino a ritornare su se stessa nelle misure finali attraverso un ultimo cromatismo.
Una Serenade, di eccezionale impegno virtuosistico, esuberantemente colma di energia ritmica, di effetti timbrici e di momentanei richiami jazzistici e popolari, conclude questa mirabile opera che può certamente essere considerata una tra le più importanti della letteratura contemporanea per i due strumenti. (Francesco Romano)