Il "principe della risata" iniziato alla Massoneria? Per quanto la domanda suoni strana alle orecchie dei più, la risposta - a cinquant'anni esatti dalla scomparsa del grande Totò, avvenuta il 15 aprile 1967 a Roma - non può che essere, carte alla mano, apoditticamente affermativa.
E desterà forse una qualche sorpresa nei lettori lo scoprire che le prime, timide voci circa l'appartenenza del principe Antonio De Curtis alla libera muratoria circolavano, negli ambienti della "Napoli bene", già all'inizio degli anni '60. Gli intellettuali e i mass-media dell'epoca, imbevuti di pregiudizi, emettevano in materia sbrigative sentenze di esplicita condanna. E la notizia della partecipazione di un divo cinematografico come Totò a un sodalizio muratorio, dava un certo fastidio ai benpensanti di turno, timorosi che, con il personaggio, si rivalutasse positivamente anche l'istituzione esoterica alla quale egli s'era associato nel secondo dopoguerra. Il saggio di Ruggiero di Castiglione, massimo specialista della massoneria napoletana, ricostruisce, previa una sistematica analisi delle fonti e della documentazione disponibili, l'operosa militanza latomistica dell'indimenticabile Attore, che - grazie alla costituzione della loggia Fulgor Artis, i cui membri erano tutti legati al mondo dello spettacolo - si segnalò come uno dei più sensibili e sinceri interpreti dello spirito filantropico e di solidarietà umana proprio dell'Ordine. Sentimenti nobili e intimamente vissuti, quelli di Totò, da lui stupendamente esternati nei versi della famosissima poesia 'A livella, inno all'eguaglianza di tutti gli uomini davanti alla morte, o nella meno nota - ma non per questo meno struggente - Preghiera del Clown, una supplica innalzata al Grande Architetto dell'Universo affinché protegga dall'alto gli Artisti e il loro mestiere.
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