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Tiro al piccione - Giose Rimanelli - ebook
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La prima stesura di Tiro al piccione è degli ultimi mesi del 1945. Giose Rimanelli, molisano di vent'anni, reduce dalla guerra civile in cui aveva militato per la Repubblica Sociale, e da cui era poi fuggito, era ancora troppo vicino ai fatti e ai misfatti che lo avevano tanto colpito. Continuò a rielaborare il testo che interessò i redattori della sede romana dell'Einaudi, Carlo Muscetta, Natalino Sapegno e Carlo Levi. In occasione di un viaggio a Roma all'inizio del 1950 (quello che sarebbe stato l'ultimo suo anno di vita), Cesare Pavese sentí parlare di quella storia di un giovane che aveva visto la Resistenza dalla parte sbagliata e successivamente lesse e apprezzò, pur tra riserve, il romanzo. Nel maggio del 1950 Pavese informò Rimanelli che Tiro al piccione sarebbe stato pubblicato. Quando Pavese si ammazzò, il romanzo era già in tipografia, se ne ebbero le prime bozze, ma non se ne fece piú nulla. Su consiglio di Elio Vittorini, Tiro al piccione uscí nella «Medusa degli Italiani» di Mondadori invece che nei «Coralli» di Einaudi. Il tema era per quei tempi arduo. Ma fu scelto per il film d'esordio di Giuliano Montaldo che a ventinove anni, nel 1961, portò sullo schermo le vicende di Marco Laudato, il protagonista problematico in cui Rimanelli si era almeno in parte ritratto e identificato.
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Dettagli

Testo in italiano
Tutti i dispositivi (eccetto Kindle) Scopri di più
XXIII-269 p.
Reflowable
9788858424414

Valutazioni e recensioni

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Hyeronimus52
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Bel romanzo autobiografico narra le vicende di un ragazzo molisano, che preso dall'uggia di una vita di paese senza sale, salta su una camionetta di soldati tedeschi in ritirata dopo lo sbarco alleato in sicilia e finisce per essere arruolato nelle file della repubblica sociale a combattere contro i suoi coetanei partigiani. In questa nuova vita di lotta fratricida condita da un amore senza futuro per una non più giovane ausiliaria e dalle inutili morti dei suoi camerati, Marco, il protagonista, riconosce i suoi errori e ritrova se stesso con il ritorno alla sua terra natia

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Toppi Alessandro
Recensioni: 4/5

Vecchie case di pietra annerita, smangiate dal tempo, bussate dal vento. Vecchie case tra vicoli stretti, piegati tortuosi, privati del sole. Vecchie case di verdi finestre, di piante e di fiori, di bucato da stendere. Vecchie case e poc'altro: una madre stanca a trentanni, un padre che spira rancore, un amore mangiato dall'ombra. E l'ossessione di volerne fuggire: "Io me ne sto dietro la finestra io me ne fotto di voi io me ne fotto di tutti senti io penso che andrò via che da qui andrò via penso sempre che da qui andrò via". Tutto d'un fiato. Correre a gambe spossate, testa abbassata, occhi serrati. Correre nell'ombra, nel buio,nel nero. Correre dalla parte sbagliata. "Qualche volta mi domando perchè sono finito in guerra. Ho cercato, può darsi, tutte le avventure, anche le più disoneste, meno però di finire in guerra. Ed ecco che vi sono entrato fino al collo, fino allo schifo, fino al desiderio di finire ammazzato". Dal Molise all'inferno: è un viaggio "Tiro al piccione" di Rimanelli. Allucinato e morboso, fetido e immondo, misero e vero. E' un' odissea tra pagliacci eretti in balcone, vili impettiti in divisa, cadaveri lerci nel fango; tra deliri proclamati alla piazza, canti ululati alla luna, fiati marciti alla morte; tra patrie che vestono a eserciti, assassini ammantati ad eroi, uomini che si scoprono bestie. "Siamo carne bruciata. Siamo malati, ma la malattia non è nostra, non ci appartiene. E con questo male hanno rimpastato le nostre coscienze e ci hanno vestiti di stracci. Hanno raccolto la polvere antica e ce l'hanno buttata addosso, e di noi hanno fatto le nuove legioni, ci hanno riempito la bocca di canti e ci hanno detto di andare. Andare! Ma andare dove?". E tornare. Tornare dove, tornare quando, tornare perchè. Se si ha la vista impastata di sangue, la carne insensibile al tocco, l'anima sopravvissuta per colpa. Se si ha voglia di piegarsi nel grembo e di sparire nel nulla. Di rimaner fissi, immobili, chiusi. In attesa soltanto del proprio silenzio.

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La prima stesura di Tiro al piccione è degli ultimi mesi del 1945. Giose Rimanelli, molisano di vent'anni, reduce dalla guerra civile in cui aveva militato per la Repubblica Sociale, e da cui era poi fuggito, era ancora troppo vicino ai fatti e ai misfatti che lo avevano tanto colpito. Continuò a rielaborare il testo che interessò i redattori della sede romana dell'Einaudi, Carlo Muscetta, Natalino Sapegno e Carlo Levi. In occasione di un viaggio a Roma all'inizio del 1950 (quello che sarebbe stato l'ultimo suo anno di vita), Cesare Pavese sentí parlare di quella storia di un giovane che aveva visto la Resistenza dalla parte sbagliata e successivamente lesse e apprezzò, pur tra riserve, il romanzo. Nel maggio del 1950 Pavese informò Rimanelli che Tiro al piccione sarebbe stato pubblicato. Quando Pavese si ammazzò, il romanzo era già in tipografia, se ne ebbero le prime bozze, ma non se ne fece piú nulla. Su consiglio di Elio Vittorini, Tiro al piccione uscí nella «Medusa degli Italiani» di Mondadori invece che nei «Coralli» di Einaudi.Il tema era per quei tempi arduo. Ma fu scelto per il film d'esordio di Giuliano Montaldo che a ventinove anni, nel 1961, portò sullo schermo le vicende di Marco Laudato, il protagonista problematico in cui Rimanelli si era almeno in parte ritratto e identificato.

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