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Una testuggine per la regina di Tonga - Julia Whitty - copertina
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Una testuggine per la regina di Tonga - Julia Whitty - copertina

Descrizione


Due secoli di vita della famiglia reale di Tonga vengono ripercorsi attraverso gli occhi di una testuggine marina, testimone silenziosa dell'irrompere di una modernità che spezza l'incanto dell'isola e caccia dalle sue acque i grandi leviatani del mare, braccati dalle fiocine dei balenieri; gli animali di uno zoo marino trasformano il desiderio di libertà nel rifiuto di esibirsi per il divertimento di adulti ottusi e bambini capricciosi; un ombrello rosso danza in aria sollevato da una folata di vento, lasciando un anziano professore di matematica alle prese con il mistero dell'identità della donna che lo reggeva, precipitata sotto i suoi occhi dal Golden Gate Bridge; circondato dagli animali ai quali ha dedicato una vita di studi, in un Paradiso di cui da vivo aveva messo in dubbio l'esistenza, Charles Darwin si interroga sull'origine della felicità di Dio, mentre il collega Richard Feynman sembra perseguitarlo riempiendo i cieli delle sue risate da saputello e del frastornante rumore della sua Harley Davidson; nelle tracce lasciate dagli elefanti morenti, quasi fossero pergamene scritte con elegante grafia, la guida africana Senti è in grado di leggere le parole che accompagnano quel viaggio solitario da cui non c'è ritorno. Sono queste alcune delle figure e delle vicende attorno a cui ruotano le storie qui raccolte, mondi reali e fantastici all'apparenza lontani ma tutti accomunati dalla capacità dell'autrice di svelarci, tra le pieghe di ciò che ha cessato di stupirci, il perturbante e il meraviglioso.
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Dettagli

2006
1 gennaio 2006
216 p., Brossura
9788860090133

Voce della critica

Soavità e asprezza, incantata nostalgia e furore ecologista attraversano mondi popolati di animali che parlano filosoficamente e appaiono depositari di segreti perduti, la memoria materna dell'origine, il fulgido paesaggio primordiale, le vie della felicità. Lao Tsu e Walt Disney, Theodor Adorno e Timothy Leary presiedono ironicamente, e in pari misura, alle narrazioni di Julia Whitty, per anni documentarista e oggi autrice letteraria californiana, che intreccia i territori della zoologia e della morale, dell'etologia e della satira sociale per osservare la nostra società dal punto di vista della marginalità e dell'esclusione, con gli occhi dell'animale, appunto. Così, in un Ocean World tra i tanti della Florida o della California, gli animali sperimentano pratiche di boicottaggio, astenendosi dal volteggiare e rifiutandosi di apprendere nuovi esercizi; mentre nell'Africa australe, in Botswana, un giovane maschio di elefante, colpito a morte dal proiettile di alcuni bracconieri, impegna in una caccia formidabile una giovane guida Setswana, rivelando lo splendore e la vulnerabilità di mondi cui i visitatori occidentali, al tempo stesso pavidi e sospettosi, non riescono ad accedere se non attraverso le distorsioni del mercato dell'esotico e il turismo di massa.
Le grandi narrazioni naturalistiche che l'epoca coloniale e la storia delle esplorazioni hanno lasciato in eredità al mondo occidentale sembrano essersi dissolte per effetto dei processi globali: deforestazione, caccia e importazione di animali, mercificazione dei territori. Nessun lembo del pianeta è intatto, nessun animale "selvaggio" sopravvive, se non in cattività. Dal punto di vista zoologico, il mondo che Julia Whitty evoca è quello della "sesta estinzione", la prima interamente provocata da una specie, quella umana: un mondo povero di biodiversità, concentrata in interstizi o preservata in riserve, in cui prosperano poche specie, ratti e piccioni ad esempio, nostri commensali a proprio agio nelle grandi riserve alimentari costituite dalle città. Proprio perché umiliata e resa marginale, la natura acquista però una preziosa dimensione testimoniale, quasi escatologica: i grandi animali superstiti, gli elefanti, i leoni, le orche, le testuggini preservano entro di sé un meravigliosa antichità, una familiarità con l'origine. Sono propaggini temporali della Terra prima della comparsa umana, glorificati dalla continuità con i lussureggianti paesaggi di felci e palme, acque spumeggianti e foreste brumose del Pleistocene di cui noi abbiamo cercato ansiosamente la distruzione.
Non è quindi sorprendente incontrare Darwin nel ruolo di imberbe scolaretto, eccessivamente fiducioso della propria razionalità, teorico e nervoso, nel racconto Darwin in paradiso, forse il più psichedelico della raccolta. Trapassato, l'illustre naturalista cerca il segreto del divino e della felicità in un eden molto simile a una foresta tropicale. Non lo sostengono abilità verbali o dispositivi concettuali: suoi maestri sono invece tartarughe, ctenofori, alghe azzurre. La plausibile risposta alla sua indagine metafisica non giunge da una formula matematica, né da un trattato, ma dallo stato di innocenza degli organismi elementari, qualcosa come uno stato di grazia o levità, di completezza edenica. "E così, pensi che Dio sia un'alga azzurra?", chiede a Darwin un suo bizzarro interlocutore. "Tra le altre cose", risponde il Darwin ultraterreno, ormai disposto ad "assaporare il piacere di una mente libera".
  Michele Dantini

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