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Il terzo poliziotto
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Il terzo poliziotto - Flann J. O'Brien - copertina
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terzo poliziotto

Descrizione


«Avete mai visto una bara di bicicletta?». Lettore, questo è l’unico romanzo al mondo dove una domanda del genere può suonare perfino troppo ovvia. Come anche apparirà ovvio che un Sergente di polizia consideri gli umani compenetrati di bicicletta – un po’ come, secondo la teoria di un altro poliziotto, tutto l’universo è riducibile a una sostanza fondamentale, detta omnium. Ma come si può giungere a un tale stato di cose? Innanzitutto assistendo a un assassinio efferato. E poi accompagnando uno degli assassini in una stazione di polizia sperduta tra fradice torbiere. Qui la prosa ci avverte che siamo entrati in un luogo dove valgono, se valgono, nuove leggi della materia e dello spirito. Bianca, piatta, come dipinta su un cartellone, quella stazione di polizia sembra possedere una dimensione in meno del reale, «lasciando senza significato le rimanenti». Non solo: «tutta la mattina e tutto il mondo sembravano non avere altro scopo che quello di farle da cornice». Guardandola, l’assassino presagisce in quella casa «la più grande sorpresa che avessi incontrato, e ne ebbi paura». Giusta reazione. Ma non guasteremo al lettore quella sorpresa. Mentre gli proponiamo, come viatico, alcune righe dello scienziato e metafisico de Selby, l’uomo che portò alla massima prossimità la demenza e il genio, e che qui fa da contrappunto a ogni avventura: «Giacché l’esistenza umana è un’allucinazione che contiene in sé la secondaria allucinazione del giorno e della notte (quest’ultima un’insalubre condizione dell’atmosfera dovuta ad accumulazioni di aria nera), all’uomo di senno non si addice preoccuparsi dell’illusorio approssimarsi di quella suprema allucinazione che è conosciuta col nome di morte».

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Dettagli

6
1992
7 gennaio 1992
248 p.
9788845908293

Valutazioni e recensioni

4,29/5
Recensioni: 4/5
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Kien
Recensioni: 3/5
Deludente

Niente di straordinario. L'inizio è promettente, poi si affloscia un po', prendendo declinazioni fantasy e immaginifiche. Il romanzo sembra un meticcio moderno tra folklore novecentesco irlandese e costruzioni Borgesiane. Godibile, ma tutt'altro che straordinario.

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Roberto
Recensioni: 5/5

Romanzo che ha avuto una vita travagliata, questo è il libro capolavoro di O'Brien. Il lettore si ritroverà in un mondo irreale e centro del racconto non sono gli umani, ma le biciclette che, secondo una teoria di uno dei poliziotti protagonisti,sono dotate di una propria personalità ,arrivando al punto di diventare una cosa sola con il ciclista.

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tom
Recensioni: 3/5

Il romanzo è surreale,originale soprattutto x l'epoca in cui è stato scritto, pieno di nonsense e trovate anche comiche. Riconosco la particolarità e a tratti la genialità dell'opera ma non è il mio genere, troppo grottesco ed eccentrico x i miei gusti

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Voce della critica


recensione di Belpoliti, M., L'Indice 1992, n. 5
(recensione pubblicata per l'edizione del 1992)

"Una carta topografica!", esclama tutto eccitato il protagonista del romanzo di Flann O'Brien, mentre il sergente Pluck gli mostra la stanza di MacCruiskeen, il secondo poliziotto. Sul soffitto, descritta da crepe e crepoline, c'è la mappa del loro territorio e "la via per l'eternità", che di lì a poco egli percorrerà, accompagnato dai suoi due corpulenti guardiani. L'accesso è consentito da un ascensore e garantito da un'infallibile bilancia che impedisce di tornare alla vita normale recando con sé oggetti e denaro, come egli, da povero irlandese, vorrebbe. Con ogni probabilità, tutto lo straordinario romanzo dello scrittore irlandese è una mappa, la carta geografica di una grottesca e comica contea, l'Aldilà, il cui centro focale è una stazione di polizia, abitata da tre poliziotti. L'Altro Mondo non è però un mondo diverso, differente, ma il raddoppiamento di questo, una replica regolata dalla tremenda legge della ripetizione. L'invenzione di questa specie di inferno, come scrisse l'autore stesso in una lettera indirizzata a William Saroyan nel 1940, comporta una terribile avventura che ricomincia sempre da capo; e in cui il protagonista si spaventa di tutto "esattamente come la prima volta, come se non ci fosse mai passato".
Il viatico per questo viaggio è fornito dalla citazione iniziale dell'immaginario autore De Selby, cui il protagonista ha consacrato anni di studio e un voluminoso libro inedito: "l'esistenza umana è un'allucinazione che contiene in sé la secondaria allucinazione del giorno e della notte", e la suprema allucinazione "è conosciuta col nome di morte". Le discussioni delle inesistenti opere di De Selby, balzano scienziato e filosofo paradossale, aprono quasi ogni capitolo del romanzo e danno al lettore il senso di un raddoppiamento della realtà romanzesca, inserendo un piano pseudosaggistico a fianco di quello narrativo vero e proprio.
I temi dei trattati e degli appunti di De Selby, discussi con acribia filologica dal protagonista, riguardano tutti luoghi e stati intermedi - la casa, la soglia, le strade, il viaggio, la dimensione, il tempo, l'eternità, il movimento, il sonno -, cioè situazioni o problemi che hanno a che fare col cambiamento, col passaggio da un luogo all'altro, da una condizione a un'altra. Lo stesso precipitare del narratore in questa specie di aldilà è segnato da un incerto passaggio, siglato da un oggetto - una scatola - che sotto forma di un'ossessione, tornerà nel corso del racconto (le scatole invisibili a cui lavora maniacalmente il poliziotto MacCruiskeen, la scatola che trasforma i rumori in luce, le scatole dei misuratori sotterranei, la stessa stazione di polizia intesa come scatola, o ancora la scatola a forma di corridoi che è l'eternità).
Il terzo poliziotto, l'invisibile Fox, vive in un interstizio, dentro le pareti della casa di un morto assassinato, come se fosse possibile situarsi tra una dimensione e l'altra, tra la seconda e la terza. Egli stesso è il terzo, non l'ulteriore, quanto piuttosto l'intermedio tra MacCruiskeen e il sergente Pluck, è il 'fool' che transita nottetempo nella stazione di polizia, invece di riposare come gli altri due nell'eternità, là dove il tempo non scorre. La bicicletta, importantissima presenza in tutto il racconto e centro di una grottesca e fantasiosa teoria atomica, esposta all'ignaro protagonista dai poliziotti, è un oggetto che si trova sospeso tra la dimensione 2 e la dimensione 3. Oggetto commutatore per eccellenza nel romanzo sembra in grado di trasformare le persone in biciclette e le biciclette in persone.
Dunque "Il terzo poliziotto" è un "romanzo di metamorfosi"? No, soltanto un "romanzo d'interstizi", dei luoghi intermedi. La stazione di polizia appare all'anonimo narratore, all'assassino precipitato in questo luogo grottesco, come un edificio di cui è possibile vedere simultaneamente la facciata e il lato posteriore, come un triangolo che sembra acquistare, poco a poco, un suo volume. E la stessa "eternità", raggiunta insieme ai suoi angeli custodi in divisa, manca di qualsiasi dimensione, per conservandone una. Quale? Una dimensione sconosciuta: n‚ quadrati n‚ triangoli n‚ figure irregolari, "qualcosa" che non è comprensibile all'occhio, poiché è privo di forma e di configurazione.
Probabilmente solo il luogo intermedio, quello sospeso tra una dimensione e l'altra - un luogo frattale, si direbbe oggi, ricorrendo alla geometria di Mandelbrot - può essere il luogo della dolorosa ripetizione. Come sostiene un autore contemporaneo, parlando del "nastro di Moebius", in cui non si riesce più a distinguere il sopra e il sotto, l'alto e il basso, ma si transita da una faccia all'altra senza interruzioni, l'esperienza di questa paradossale figura geometrica è di "essere dolorosa da entrambi i lati". E questa è anche l'esperienza dell'anonimo protagonista di questo libro.
La condizione umana - o postumana - è simile a quella dell'uomo in pallone, la cui storia il Sergente Pluck racconta verso la fine al protagonista che attende un'immotivata (almeno in quel mondo che è l'altro mondo) condanna a morte. Innalzato al cielo dentro la sua mongolfiera, l'uomo "scomparve completamente da tutte le apparenze, telescopi e non telescopi", e quando ebbero tirato a terra il pallone, non si trovò alcuna traccia di lui. Ma due settimane dopo riapparve dentro il cesto di un nuovo pallone spedito con preveggente buon senso in cielo. Dove si va dopo la morte? si chiede il narratore in più passi della sua avventura interstiziale, iniziata cercando una cassetta tra un asse e l'altro. Dopo la morte si entra in una storia, in un luogo di avvenimenti caotici e incomprensibili, poiché la morte non è solo uno stato, bensì una contea dall'incerta topografia. In positivo, è una direzione, il "celestium longitudinale", di una terra che ha la forma di una salsiccia secondo De Selby; oppure una cipolla composta di spoglie concentriche, secondo il narratore; o ancora una spirale coincidente con l'umanità di cui ogni vita è "i1 raggio che gioca brevemente via via su ciascun anello", per Joe, come si chiama l'anima parlante del protagonista.
Entrato nell'eternità insieme ai due poliziotti, il narratore chiede: "Non potreste portare qui la vostra bicicletta e farne tutto il giro, e poi disegnarne una carta?". Flann O'Brien ha cercato col suo romanzo di segnare la sua mappa con questa storia comica e insieme tragica, a tratti allucinata e improbabile, a tratti perfettamente lineare e nitida, una storia sull'incomprensibilità, non solo di questo ma anche dell'altro mondo, che, come ha fatto notare Daniele Benati, solo un cattolico irlandese poteva scrivere, un uomo abituato a vivere negli interstizi tra gaelico e inglese, sanità e follia, nome proprio e pseudonimi, comicità e tragedia.

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Flann J. O'Brien

1911, Gaeltacht

Flann O’Brien, pseudonimo di Brian O’Nolan, nato nel Gaeltacht, in Irlanda occidentale, nel 1911, studiò all’University College di Dublino. Esordì come scrittore con At-Swim-Two-Birds (Una pinta di inchiostro irlandese, Einaudi, 1971) e An Béal Bocht, tradotto appunto come La miseria in bocca (Feltrinelli, 1987). Dopo il mancato successo letterario si dedicò all’attività giornalistica con una rubrica satirica su “The Irish Times”. I suoi strali contro l’ambiente politico gli causarono, nel 1953, la perdita del posto di impiegato nell’amministrazione civile. Morì nel 1966. Nel 1967 uscì postumo The Third Policeman (Il terzo poliziotto, Einaudi, 1971; Adelphi, 1992).

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