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Imperdibile per i tarantini come me che hanno lasciato la città, caldamente consigliato a chiunque altro abbia una curiosità su Taranto che non si fermi ai Due Mari o alle cozze. Un continuo riaffiorare di ricordi, immagini, odori e, a seguire, un'inevitabile riflessione sulla volontà/necessità di emigrare. Percepisco in De Cataldo, identificandomici, un umore triste e sottilmente rabbioso, un amore "condizionato", un rimpianto su quello che Taranto avrebbe potuto essere o potrebbe essere e che mai sarà.
Sono un Tarantino trapiantato al nord e come me molti hanno vissuto la magica avventura di sentirsi guardare "dall'alto in basso" per il semplice fatto di appartenere alle calde terre del Mezzogiorno. Il titolo autoironico del libro svetta nelle librerie, anche del nord, e già solo questo fatto è stimolante per una nuova riqualificazione di chi si sente orgoglioso di provenire dal sud. Il libro, pur nella sua semplicità, è un'idea geniale e più che a noi del sud, che amiamo e conosciamo luoghi, tramonti e vicende storiche di casa nostra, è da consigliare a chi del nord cammina sollevato da terra e ha bisogno di una rinfrescante schiaffeggiata di notizie su persone che vengono da loro etichettate senza conoscere un bel niente! Voto 5! Pieno, per l'ottima intenzione!
L'autore è bravo a buttare solo fango sulla città, senza sapere nulla dei tarantini e di Taranto, che allora visse il proprio riscatto civile e sociale paradossalmente grazie al tanto (da lui) criticato Geometra Cito. Il resto del testo è una raccolta di temi buoni per la scuola superiore, ma assolutamente scadenti per un libro, che con sole 137 pagine sembra una tesi malfatta.
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