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Un tenero barbaro
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Un tenero barbaro - Bohumil Hrabal - copertina
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tenero barbaro

Descrizione


Questo romanzo è un'ode all'amicizia, alla giovinezza e alla creatività. È la storia di tre amici a Praga, all'inizio degli anni Cinquanta: lo scrittore Bohumil Hrabal, l'artista Vladimír Boudník ed Egon Bondy, poeta, filosofo zen e marxista di sinistra. «I vagabondi del Dharma sono a Praga» esclama Egon Bondy. E il riferimento alla beat generation, che in quegli stessi anni di guerra fredda sperimenta in America vie nuove nella vita e nell'arte, è evidente quando si leggono queste epiche sbronze, questa ricerca metafisica portata avanti nelle birrerie o nelle fabbriche o per la strada, questa spinta creativa che nasce nel dolore ma anche nella bellezza nascosta ovunque, e che si alimenta degli eccessi e di ogni tipo di sperimentazione artistica ed esistenziale.

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Dettagli

E/O
1996
Tascabile
1 luglio 1996
128 p.
9788876412943

Valutazioni e recensioni

3/5
Recensioni: 3/5
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Giuseppe
Recensioni: 3/5

Il libro nasce dal desiderio dell'autore di commemorare l'amico Vladimir Boudnik, scomparso improvvisamente. L'opera racchiude resoconti ed eventi particolari e insoliti capitati a Hrabal e a Boudnik in giro per birrerie praghesi. Un memoir che ha il gusto dell'invenzione, per quanto assurdi a volte siano gli episodi narrati. Il filo rosso che li collega tutti è proprio la figura di Vladimir. Bisogna tuttavia tener presente che questa opera è modesta rispetto alla ben più alta produzione di Hrabal

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Sasso
Recensioni: 3/5

Secondo me non il miglior libro di Hrabal, ma un altro ritratto di uno di quei personaggi tipicamente hrabaliani, a metà tra l'artista e il pazzoide, con i nervi vulnerabilissimi e un cuore grande così.

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Recensioni

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Voce della critica


recensione di Fazzi, G., L'Indice 1995, n. 5
recensione pubblicata per l'edizione del 1994

Il tenero barbaro protagonista del libro è Vladimir Boudnik (1924-68), grafico, artista intenso e irregolare, conosciuto negli anni quaranta e cinquanta solo da una ristretta cerchia di amici, e che arriva a un certo successo nazionale e internazionale negli anni sessanta. Di Boudnik si raccontano le opere, le gesta e le leggende in questo che non è un saggio, non è un romanzo, non è una memoria, ma è anche tutte queste cose mescolate insieme. I testi di Hrabal, il lettore italiano ormai lo sa bene, si rifiutano a tentativi di inquadramento letterario tradizionale, e si presentano sempre come un 'pastiche', un conglomerato in cui si arrotolano in voluto e studiato disordine vari generi e sottogeneri letterari, diversi e strani livelli linguistici; questo testo in particolare ha un aspetto composito e sfuggente, affascinante nel suo ondeggiare continuo tra il ricordo personale, la riflessione artistica, l'ansia di raccontare accadimenti mirabolanti e stupefacenti. Il fatto è che questi tre elementi in Hrabal tendono a essere sostanzialmente la stessa cosa: la cosa più bella della vita e sicuramente la chiacchiera libera, da osteria, il ciarlare continuo, il racconto che ritorna continuamente su se stesso; ma questa affabulazione è il principio stesso, la molla della produzione artistica, spunto di ogni riflessione su di essa: è infine ovvio che sono i fatti personalmente conosciuti e vissuti che meglio si prestano a essere detti e raccontati.
Questo è, detto molto semplicemente, il principio costruttivo di "Un tenero barbaro", una sorta di panegirico classico al quale è stata imposta l'esperienza dell'avanguardia del XX secolo. Fulcro di tutto il racconto è l'amicizia fra Hrabal e Boudnik, un'amicizia tanto profonda e intensa da portare a momenti di sublime fratellanza e a momenti di risse epocali; ambedue gli artisti sono convinti che il modo "tradizionale" di fruire la realtà, e cioè la via diretta e lineare, quella del procedere logico del pensiero, è innaturale e improduttivo. Il mondo viene in realtà percepito per frammenti, interpretato attraverso percorsi continuamente costruiti e decostruiti: piccoli spostamenti spaziali e temporali creano prospettive e visuali radicalmente diverse. Nel magistrale romanzo hrabaliano "Una solitudine troppo rumorosa" (Einaudi, 1987) il narratore Hant'a racconta del suo lavoro in una tipografia al negativo, un posto cioè in cui si macera la carta, dove tra l'altro si distruggono tutti i libri sgraditi al regime; Hant'a salva da quella immonda e affascinante distruzione degli insignificanti frammenti, parole, frasi, ritagli casuali, che riamalgama e ricompatta, per sé, per pochi che vogliano capire. Il grande e maestoso fluire del tempo e della storia viene ricondotto a pochi disordinati frammenti, e con essi riordinato e ricostruito, in un microcaos che corrisponde perfettamente, fatte salve le proporzioni, ai macrocaos dello svolgersi dei destini umani, perché i frammenti-visioni hanno la misteriosa capacità di tradursi in processi di comunicazione, che avvicinano e affratellano gli uomini: e poi si ricomincia, in un cerchio senza fine, fatto di barbagli e di esplosioni. "Esplosionalismo" è non a caso il nome del movimento artistico creato da Vladimir Boudnik. Con atteggiamento radicalmente antiintellettuale, questi interpreta il proprio lavoro artistico, soprattutto negli anni quaranta e cinquanta, come una diretta prosecuzione del suo lavoro di operaio in fabbrica: se la produzione industriale ha un carattere lineare e razionale, il passo successivo, per avere valore di conoscenza, deve ripartire dalla dislocazione e dalla casualità del frammento, dell'oggetto di scarto, del pezzo isolato da un contesto, dell'elemento gratuito. Vicino all'esperienza dell'arte gestuale, per Boudnik il momento della costruzione dell'oggetto artistico è arte esso stesso, perché è arte sempre e comunque ogni gesto e ogni azione che si ponga nella prospettiva delle creazione: "gli artisti non sono importanti, forse non esistono neppure, dato che esistono solo gli uomini, con tutta la loro potenzialità artistica e creatrice. Il materiale dell'arte non può quindi che provenire dalla vita stessa, dalla vita nella sua concretezza quotidiana, nella materialità dell'esperienza che è propria di ogni essere umano. E così Vladimir, Hrabal e altri scelti e folli amici, tra cui è opportuno ricordare Egon Bondy, vivono fino in fondo la loro attività creatrice, grazie alla quale sono sicuri di sfruttare fino in fondo tutte le loro potenzialità umane, operando nel mondo con totale sincerità e con l'atteggiamento di chi è pronto a vedere in esso tutto quello che di bello esiste. È una vita (e un'arte) vissuta sopra le righe, con intensità volutamente esagerata; si dà libero spazio e sfogo a un'immaginazione ipertrofica, che riesce a trasformare ogni banale evento in un segno profondo: la squallida periferia praghese degli anni cinquanta diviene il magico reame in cui i nuovi barbari, teneri, disarmati e variamente selvaggi, dispiegano la loro opera di chiarificazione e spiegazione dell'universo intero. Anche Hrabal, come Boudnik, lavora costruendo le sue opere con frammenti, col materiale di scarto della vita quotidiana, e per questo sente e segue con amore e devozione il percorso mentale e operativo dell'amico, sottolineandone l'aspetto spontaneamente e quasi involontariamente rivoluzionario. Le gesta dell'artista sono raccontate con puntiglio, con un gusto del particolare e dei dettagli, perché il soffermarsi sulle piccole cose di cui è fatta la sua vita consente di attivare una meditazione profonda sull'operare continuo dell'uomo, e il fare artistico è di questo la metafora e la cifra più illuminante. Questo libro è quindi un'agiografia del XX secolo, in cui ogni particolare è assolutamente vero, in cui prende corpo e forma una figura di leggenda, Vladimir, che di ogni cosa fa arte: "Dal latte scremato estraeva la panna, dalla polvere di carbone i brillanti, di un passerotto faceva l'araba fenice, di un paralitico un corridore, profondeva sempre il suo talento dove c'era poco di qualcosa, per dimostrare che 'omnia ubique' e che il massimo è nel minimo, che ogni punto del mondo è il centro del giardino dell'Eden, mentre i giardini pensili si trasformano lentamente in macerie e polvere e in quella polvere ogni bellezza resiste, in quel pizzico di argilla ogni cosa ricomincia...".

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Conosci l'autore

Bohumil Hrabal

1914, Brno

Nato a Brno, capoluogo dell'attuale Moravia meridionale, Hrabal è stato ben presto sedotto da Praga e dalle atmosfere che la capitale boema offriva in quantità.Ha svolto mille mestieri, attingendo poi alla sua movimentatissima biografia nel corso della sua carriera di scrittore: fu magazziniere, preparatore di malto in una fabbrica di birra, copista presso uno studio notarile, commesso viaggiatore, capostazione, telegrafista, operaio, imballatore di carta da macero.Comincia con la poesia sin dagli anni trenta, ma è con la sua produzione narrativa che diverrà noto a livello internazionale. Questa stessa produzione - inzialmente concepita come destinata solo a sé stesso - circola clandestinamente durante gli anni seguenti la fine della primavera di Praga.I...

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