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Il tempo non basta mai. Alberto Manzi, una vita tante vite
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Il tempo non basta mai. Alberto Manzi, una vita tante vite - Giulia Manzi - copertina
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tempo non basta mai. Alberto Manzi, una vita tante vite

Descrizione


"Non sono mai stata molto favorevole a "distribuire" pezzi di mio padre al di fuori dell'ambito privato e familiare; ogni volta, per me, è una parte di papà che se ne va. Da piccola non riuscivo a capire perché tante persone lo volessero portar via da me e da mamma, o perché dovessimo presenziare a inaugurazioni, intitolazioni e cerimonie che lo riguardavano. Un giorno mia madre mi ha detto che aveva registrato per me un'intervista - 'è un regalo per te' disse - sapeva che un giorno avrei voluto sapere. Mi ha raccontato il loro incontro (sulle scale della scuola), la differenza d'età tra loro, la famiglia, la televisione, il Sud America, le orchidee (e le bombe), la mia nascita, i giochi, i libri, il dolore. Ho scoperto così che, per la prima volta, ero io a sentire il bisogno di donare qualcosa di mio padre a tutti coloro che volessero scoprirlo. È arrivato il momento di scrivere chi era mio padre". Alberto Manzi è l'uomo che ha insegnato a leggere a milioni di italiani, il maestro che, grazie alla sua trasmissione sulla RAI ha segnato un'epoca ed è diventato una delle icone della televisione italiana. Oggi la sua storia sorprendente rivive nel racconto della figlia.
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Dettagli

2014
13 febbraio 2014
224 p.
9788867830657

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Mauro
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Una vita intensa

Una figlia che scrive un libro sul padre che l'ha lasciata all'età di nove anni, dopo averla accompagnata negli anni dell'infanzia. Un libro difficile da scrivere e da rivivere, ma che svela aspetti della vita di Alberto Manzi che non conoscevo. Non parla della sua trasmissione televisiva più conosciuta, ma parla di tante altre cose, con l'affetto di una figlia e il ricordo di una moglie. "Non tocchi veramente l'anima di una persona se non condividi con lei un libro" (pag. 91).

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La recensione di IBS

Non è mai troppo tardi per scoprire o riscoprire Alberto Manzi. La figura del maestro Manzi risplende di una luce che ha davvero poco a che fare con i bagliori catodici emessi dalla televisione d'oggi, tutta lustrini, paillettes e sparatorie.
"Non è mai troppo tardi", in onda dal 1959 al 1968, fu il matrimonio perfetto fra una televisione intesa come servizio pubblico e la lotta all'analfabetismo che quel medium seppe promuovere negli anni del boom economico: Cosa resta, di quell'esperienza, a più di cinquant'anni dal suo avvio?
Non solo in Italia Manzi seppe seminare buone pratiche di istruzione; come ci racconta "Il tempo non basta mai", il libro scritto dalla figlia Giulia, e pubblicato da ADD editore, anche l'America Latina fu meta delle sue peregrinazioni pedagogiche.
Fra il 1956 e il 1984 Alberto Manzi trascorse infatti lunghi periodi in Perù, Brasile, e altri paesi del Sudamerica: "Sono stato spesso in Sud America - ricordava egli stesso - Vi andai per la prima volta nel 1955 e '56 per studiare un tipo di formiche nella foresta amazzonica, ma scoprii altre cose che per me valevano molto di più. C'erano i contadini che non potevano iscriversi ai sindacati, perché non sapevano leggere e scrivere e nessuno glielo insegnava; chi cercava di farlo rischiava di essere picchiato e imprigionato, oppure ucciso. Siccome si trattava di una cosa proibita, mi attirò; così io andavo ogni anno... Poi cominciarono ad accusarmi di essere guevarista, oppure marxista o un qualunque accidente che finiva in "ista"... Alcuni stati non mi davano più il visto: non ero una persona gradita...".
Manzi non era nuovo, però, a scelte controcorrente e difficili, visto che aveva cominciato la sua carriera di maestro in carcere, nella Roma del dopoguerra.
Per attirare l’attenzione dei ragazzi, in quell'occasione, si era inventato la storia di un gruppo di castori in lotta per la propria libertà: e da questa traccia - che incontrò naturalmente il favore dei giovanissimi galeotti - nacque il suo primo romanzo, "Grogh, storia di un castoro".
Con i giovani carcerati Manzi riuscì a mettere in scena una recita e a realizzare «La tradotta», il primo giornale realizzato in un carcere minorile. Con questo bagaglio eterogeneo, e grazie al successo internazionale dei suoi libri (fra i quali citeremo almeno "Orzowei"), dal 1960 al ’68 per la Rai e per il ministero della Pubblica istruzione condusse la già citata trasmissione "Non è mai troppo tardi", che di fatto era un corso per adulti analfabeti.
Quell'idea ebbe un tale successo che successivamente venne imitata in 72 Paesi. Quella fu la consacrazione di un'attitudine pedagogica poco accademica e autenticamente popolare: ciò di cui ci sarebbe senz'altro un gran bisogno oggi. Il libro di Giulia, l'ultimogenita di Manzi, è una pudica confessione d'amore per un uomo che attinse la forza della propria attività pedagogica alla propria biografia, e viceversa, in una professione di coerenza che era tanto evidente a chiunque ne incrociasse una delle tante incarnazioni pubbliche o private.

A cura di Wuz.it

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