Il tempo delle parole sottovoce

Mi sembra che si debba andare più a fondo. Non si tratta semplicemente del racconto della separazione di due amici a causa delle leggi razziali. L'interrogativo prepotente è: quand'è che la gente ha smesso di guardarsi negli occhi? Quand'è che ha cominciato a parlare a bassa voce? E come è potuto succedere? E come abbiamo lasciato che accadesse? La grandezza di questo libriccino sta nel provocare continuamente queste domande. Ci sfida a ricercare nel nostro tempo lo stato di salute della nostra civiltà nell'uso che facciamo delle p a r o l e.

Io sono daccordissimo con Francesca, questo è un libro bellissimo che recconta quest'amicizia che i fatti atroci dell'epoca hanno distrutto!

Purtroppo non condivido il parere di Federica. Non riesco a capire il senso di questo libro (dopo che tanti veri libri di chi parla "dal suo dolore", Helga Schneider in primis) hanno osato andare più a fondo, nel confronto dei bambini col nazismo. Mi resta il dubbio che sia un po' facile, soprattutto viste le origini dell'autrice. Forse la cosa più intensa, interessante, è il fatto che le "parole sottovoce" non sono solo quelle di quell'epoca e di quella tragedia, ma anche quelle di qualsiasi tragedia privata o pubblica, di chi ha voluto "non disturbare i bambini", uccidendo in loro il senso della realtà.