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scheda di Riberi, L., L'Indice 1995, n. 1
Sia in Germania sia altrove il tema della resistenza al nazismo ha sofferto, fino in tempi recenti, di pregiudizi di natura politica (di varia origine) che ne hanno ostacolato non solo lo studio ma anche una migliore conoscenza da parte dell'opinione pubblica. Tra i protagonisti del rinnovamento degli studi sull'argomento, Hoffmann fornisce qui una sintesi rapida, ma esauriente e ricca di dettagli, su una questione che è in effetti più complessa e articolata di quanto si pensi comunemente. Se è vero infatti che il controllo totalitario e l'alto grado di consenso al regime impedirono la formazione di un movimento di resistenza paragonabile a quello di altri paesi, è anche vero che l'opposizione attiva al nazismo costituì un fenomeno non trascurabile, cui parteciparono quasi tutte le forze politiche e membri di tutte le classi sociali, oltre che esponenti delle chiese e delle forze armate. Ma proprio questa molteplicità delle componenti e delle finalità politiche fu, come ribadisce Hoffmann, la principale causa interna della debolezza del movimento, nel quale, d'altro canto, risultarono più "visibili" proprio quelle forze maggiormente organizzate e in grado di rivendicare specifici spazi di libertà, come i religiosi e i militari. Nella situazione del Terzo Reich praticamente nessuna delle azioni della resistenza fu coronata dal successo, ma per Hoffmann "definire inefficaci questi atti di eroismo collettivi o individuali nella lotta contro il nazismo non costituisce un giudizio sul loro valore morale". Anche per questo, quindi, è necessario attribuire ai resistenti tedeschi il posto che spetta loro nella storia.
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