Il teatro di Sabbath

Roth rimane Roth, per originalità di quello che racconta, per lo stile. Ma rispetto ad altri suoi romanzi, questo mi è risultato un po' prolisso, e la personalità del protagonista al limite del credibile. Rimangono alcuni spunti di puro genio, come le due righe finali, che probabilmente valgono da sole la lettura di tutto il libro

Quando sono disperata e non ho proprio più niente da leggere finisco a riesumare vecchi libri abbandonati dal mio disprezzo e ricomincio la lettura. Niente, il solito Roth (Philip non Joseph che è tutt'altra storia) che si arrampica sulle pagine alla ricerca del target stabilito: il compenso dell'editore. Nessuna autenticità, niente di interessante, chiacchiere a vuoto.

L'erotomane impenitente e recidivo Micky Sabbath, dietro la sua funambolica mania sessuale, nasconde, ma neppure tanto, l'indicibile dolore, mai superato, per la morte del fratello in guerra: forse, il vero tema del libro. Le pagine porno-comiche sono francamente noiose, a parte quelle che sconfinano nella commedia. Roth, qui, dà il meglio di sé fra le lapidi del cimitero: lì torna sublime, come sempre. Ma siamo lontani dalla grandiosa trilogia americana.