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Recensioni Talmud babilonese. Trattato Qiddushìn. Testo ebraico a fronte

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Il Talmud dedica quasi un intero Ordine, Nashìm (Donne), e ben cinque trattati al diritto matrimoniale: Yevamòt del levirato; Ketubbòt si occupa delle scritture matrimoniali e dei doveri coniugali; Sotà dell’infedeltà coniugale; Ghittìn dei divorzi e Qiddushìn delle modalità di stabilimento del vincolo coniugale. Il termine qiddushìn, che dà il nome a questo trattato, significa letteralmente “consacrazioni”. La radice quf-dàlet-shin indica la separazione, il sacro, la qualità speciale, il destinare. Qiddushìn è un plurale che assume un’accezione particolare nella forma con finale “n”; al singolare, qiddùsh indica alcuni riti di consacrazione, come il lavaggio di piedi e mani che era richiesto ai Sacerdoti quando entravano a prestare servizio nel Santuario, o la consacrazione del Sabato e delle feste che si compie nella mensa domestica su un calice di vino. Al plurale qiddushìn è riferito solo al vincolo nuziale ed è un termine di uso rabbinico, assente nella Bibbia. I rabbini introdussero e fecero prevalere il termine qiddushìn per sottolineare l’aspetto sacrale del vincolo rispetto a quello puramente giuridico, avendo come riferimento il concetto di heqdèsh che era l’atto con il quale un offerente dedicava un bene al Santuario: da quel momento il bene diventava esclusivo e inutilizzabile a scopi profani; parimenti con i qiddushìn si crea un legame esclusivo e sacro tra una donna e un uomo. L’istituto matrimoniale, come forma di legame giuridico e/o religioso tra uomini e donne è presente con aspetti differenti nelle diverse culture da epoche remote. Il matrimonio ebraico ha una storia di trentacinque secoli e si è definito ed evoluto con sue caratteristiche specifiche nel contesto di culture differenti. La discussione che si svolge in questo trattato, che è giuridica e non storica (anche se se ne possono dedurre dati per una ricostruzione storica), cerca di definire i termini del rito ebraico in rapporto alle fonti bibliche. La forma legale è quella dell’acquisto, e questo consente una serie di confronti e analogie con altri tipi di acquisti ma fa anche emergere differenze sostanziali. Perché si tratta sempre di un acquisto sui generis, del tutto particolare. In un normale acquisto c’è un acquirente, un venditore e un bene che passa passivamente di proprietà; in questo caso il venditore e il bene si identificano, la questione non si esaurisce in un semplice dare-avere. Il concetto di acquisto è necessario per definire la struttura giuridica dell’atto, è un tema diffuso nelle discussioni di questo trattato, ma è solo una parte di un legame più complesso in cui è indispensabile il consenso, la progettualità comune, l’armonia, la crescita spirituale. La discussione di questo trattato si estende, con il tipico meccanismo della discussione talmudica, a una serie di argomenti collegati per associazione e analogie.)
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